L'arte dell'innovazione
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Essere innovativi rafforzando le proprie competenze all’interno e siglando alleanze con startup, FinTech e InsurTech, all’esterno per trovare competenze che non è possibile costruire in-house se si vuole restare competitivi sul mercato. Al tavolo di Citywire, i responsabili dei processi di innovazione di quattro compagnie di assicurazione - Luigi Barcarolo (Cattolica Assicurazioni), Paolo Rubano (Gruppo Generali), Alessia Truini (Intesa Sanpaolo Assicura) e Vittorio Giusti (Aviva Italia Spa) - portano le proprie esperienze di successo e insuccesso. Anche se questo mondo non è disegnato per registrare dei fallimenti ma è fatto di una continua sperimentazione per migliorare progressivamente. Occorre partire dall’organizzazione, investire nella formazione e rivedere le regole di leadership per sfruttare al meglio le potenzialità del processo di digitalizzazione. Realtà come Anaplan, una società dotata del sesto livello di flessibilità per definire i modelli di pianificazione e di lavoro, con un potenziale infinito nel livello di calcolo grazie al cloud, supportano e rafforzano la persona dotandola di strumenti capaci di accelerare i processi di scelta ma pur sempre lasciando all'essere umano la facoltà di agire sulle cose nuove. È un lavoro di sinergia, è la persona aumentata degli strumenti che pone l'arte al centro del proprio lavoro.
Editoriale
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capitolo 2
Puntare a una smart leadership
Innovare: prima l’organizzazione, poi la tecnologia per accelerare il processo
capitolo 1
sommario
Roberta mozzachiodi
Head of institutional investors research and regulation, citywire
capitolo 4
Provare, sbagliare e riprovare, le variabili di successo dell’innovazione
Innovazione interna VS Open Innovation
capitolo 3
Il futuro, sinergia tra macchina e uomo
capitolo 5
tavola rotonda assicurazioni
L’esigenza di protezione dai rischi ha radici lontane nel nostro Paese, già nel lontano 1369 il Doge Gabriele Adorno emanava un decreto per proteggere i commercianti marittimi genovesi dal rischio di calamità naturali o dall’attacco dei pirati per poi giungere nel 1889 al primo contratto assicurativo conosciuto. Lo riporta l’indagine sull’impatto dell’innovazione sul modello organizzativo delle assicurazioni realizzata in collaborazione tra EY, Insurtech association e SAS. Tale solidità presenta però un’altra faccia della medaglia, che si riflette in un mindset spesso ancora poco incline alla trasformazione. Sono ancora poche le compagnie di assicurazioni dotate di una figura di Chief Innovation Officer (CIO) o Head of Innovation: spesso si preferisce un modello di “innovazione diffusa” o traversale, in cui sono i responsabili delle varie Business Unit a occuparsi anche dell’innovazione di prodotto nella propria linea.
Le esperienze sono diversificate. Per il Gruppo Generali, guidato nei processi innovativi da Paolo Rubano - Finance Transformation Director - il focus attuale è sulla finanza, sia dal punto di vista dei processi che dal punto di vista dell’informatica, esteso a tutto il perimetro del Gruppo. “I nostri modelli organizzativi risalgono a circa duecento anni fa e sono stati pensati per lavoratori diversi da quelli di oggi, ciò significa che l’innovazione deve essere prima organizzativa e poi la tecnologia può essere un acceleratore. Non esiste un budget dedicato all'innovazione perché il nuovo va già disegnato di default seguendo linee innovative” esordisce Rubano. In Intesa Sanpaolo Assicura, che è parte dell’intero Gruppo di Intesa Sanpaolo, è stato appositamente creato un team che si occupa di coordinare l’innovazione, dotato di un budget, per realizzare, per esempio, osservatori di mercato o partecipare a degli acceleratori. Vi è poi un ufficio ad hoc, guidato da Alessia Truini, Head of Product Development and Digital Channels, che “agisce sull’innovazione sia creando prodotti, sia creando direttamente le journey digitali, oltre a gestire la disponibilità dei fondi necessari” spiega Truini. Nel Gruppo Cattolica Assicurazioni troviamo due strutture organizzative, principalmente votate a temi di innovazione: la prima guidata da Luigi Barcarolo, Direttore Insurance Analytics & Business Architecture, è focalizzata sullo sviluppo di nuovi modelli di business incentrati sul paradigma prevenzione e protezione; la seconda, Business Development and Marketing più centrata sulle innovazioni digitali a supporto del cliente e delle reti. “In realtà non esiste un budget specifico legato all’innovazione, piuttosto una componente di budget inserita all’interno del piano industriale, se una tematica ha le caratteristiche per farne parte, e un budget minore dedicato all’open innovation”. racconta Barcarolo. In Aviva, due anni fa, è stata introdotta una funzione innovation ad hoc con un Head of innovation, dotata di un budget dedicato. Questa, spiega Vittorio Giusti, CEO della compagnia danni Aviva Italia Spa, “richiede un approccio un po' più aggressivo, una mentalità da startup lontana dal mondo tradizionale; nel mondo innovation, c’è una diversa modalità di redigere il business case e soprattutto una migliore tolleranza al failure: va accettato il fatto di provare iniziative con un più alto tasso di fallimento che accogliamo come lesson learned” sottolinea Giusti.
L’arte dell’innovazione
Nel mondo innovation occorre una migliore tolleranza al failure
Per sostenere l’innovazione e restare competitivi sul mercato è logico aspettarsi che la trasformazione non debba essere soltanto nell’attività lavorativa ma anche nelle competenze necessarie per svolgerla. I risultati emersi dalla Survey Italian InsurTech Association di fine 2020 evidenziano ancora una forte impreparazione da parte degli operanti nel settore assicurativo (impiegati, quadri, agenti, brokers) in termini di conoscenze e competenze per rispondere alle nuove esigenze di mercato. “Per sfruttare appieno le potenzialità delle nuove tecnologie, e mi riferisco all’intelligenza artificiale in senso ampio, è fondamentale che le persone presenti in azienda ne comprendano le possibilità di impiego, e questo si realizza solo attraverso la formazione” osserva Truini. Per esempio, in questa direzione in Intesa Sanpaolo “a breve lanceremo con Reale Mutua, il Master in Insurance Innovation rivolto a giovani neolaureati, dedicato sia ai fondamentali del business assicurativo, sia alle implicazioni tecnologiche in questo ambito. L’obiettivo è di formare giovani capaci di sviluppare competenze di innovation design dal punto di vista di prodotto, di creazione di ecosistemi, ma anche capaci di gestire i dati pur non essendo dei data scientist” sottolinea Truini.
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Generali, Cattolica Assicurazioni, Intesa Sanpaolo Assicura e Aviva ci spiegano come la funzione innovation e come i relativi budget vengono gestiti all’interno delle rispettive Business Unit
Vittorio Giusti, Aviva Italia
È fondamentale che le persone presenti in azienda comprendano le possibilità di impiego della tecnologia e questo si realizza solo attraverso la formazione
Alessia Truini, Intesa Sanpaolo Assicura
In questo mondo che sta accelerando c'è bisogno di un board che supporti questa sfida per stare al passo “L'innovazione ha un costo, che sia di tecnologia o di organizzazione, e spesso un payback period accettabile non esiste. Possiamo fare due scelte di investimenti, con un payback period e senza, e quando è senza chiaramente ci vuole la sponsorship del board” osserva Paolo Rubano Financial Transformation Director di Generali. “A tale proposito mi piace ricordare il Generali Innovation Fund, lanciato dal mio collega Steven Zuanella, che consente a tutti i dipendenti di partecipare con le proprie idee realizzando un PoC, in tutta la realtà di Generali, e alcune di queste idee diventeranno un prodotto. Chiaramente un progetto di questo tipo non ha un payback chiaro, ma ha una valenza strategica tale per cui anche il board sarà sicuramente sponsor di un’iniziativa del genere” racconta il direttore. “Basta avere le idee chiare, essere in grado di dimostrare che si propone una creazione di valore, soprattutto nel lungo termine, e saranno a bordo sicuramente” aggiunge Rubano.
Se il consenso del board è fondamentale in questa corsa altrettanto lo è l’aspetto organizzativo. Il punto è che “la resistenza al cambiamento non è un fatto individuale, ma un fatto organizzativo” spiega Vittorio Giusti, CEO della compagnia danni Aviva Italia Spa. “Siamo troppo spesso legati a tematiche di capex che abbiamo messo a bilancio, investimenti che non hanno performato e non ammortizziamo perché nessuno ha il coraggio di fare quel write off che ovviamente pesa sull’esercizio. In questo contesto, quindi, occorre fare leva su una smart leadership: un leader che promuova dei modelli di auto determinazione delle persone che partecipano ai processi, una delega che non sia timida - ma piena” puntualizza Giusti. “La chiave sta nel cominciare a capire che la comunicazione non è più piramidale: non siamo più in un contesto in cui dall'alto prendiamo decisioni che poi riscendono verso il basso su persone che eseguono. Oggi le persone interagiscono in modi completamente diversi da quello che era una volta il management che controllava tutti i flussi. Se i leader si pongono in questa prospettiva, io sono convinto che anche il mondo assicurativo, tradizionalmente un po' arroccato al contesto della regolamentazione, possa fare grandissime cose.” conclude Giusti. Dal punto di vista di chi offre soluzioni tecnologiche innovative sul mercato “Notiamo come nelle assicurazioni non ci sia una grande storia di digitalizzazione della relazione clienti, la persona fisica dell’agente svolge un ruolo centrale e questo negli anni ha limitato l’esigenza di innovazione. Oggi, il processo si è accelerato con le nuove tecnologie offerte da piattaforme - come la nostra - dove il valore dato è percepito come un vantaggio competitivo”, spiega Frank Walter, direttore di Anaplan. “Sicuramente le modalità di smart working hanno accelerato il processo, oltre al fatto che l’innovazione resta un valido strumento per ridurre i costi, per rafforzare il brand con la gestione automatica dei processi mentre l’utilizzo di intelligenza artificiale consente di stimare la parte del nuovo business circa tre, quattro settimane prima del closing, per avere più visibilità e più agilità” conclude Walter.
Per accelerare questa sfida innovativa è indispensabile il supporto del board e rivedere il concetto di leadership, spiegano i responsabili delle innovazioni delle principali compagnie assicurative
Avere le idee chiare, proporre una creazione di valore, soprattutto nel lungo termine
Paolo Rubano, Gruppo Generali
Grazie a piattaforme come Anaplan il valore dato è oggi percepito come un vantaggio competitivo
Frank Walter, Anaplan
Essere innovativi per restare competitivi. Come gestire questo percorso? Preferire la strada più rassicurante della strategia di innovazione interna, a circuito chiuso, o piuttosto virare verso forme di collaborazione esterna, dette anche di Open Innovation per combinare le proprie competenze chiave interne con il valore aggiunto offerto dalle svariate fonti esterne che ci circondano? In passato si tendeva a seguire la prima strada, ma oggi non è più così. “Non c'è una regola nel preferire l’una o l’altra via, si valuta caso per caso, per quanto tendenzialmente l'innovazione dall'interno appartiene a quei processi un po’ più core e su cui le persone hanno più visibilità e più competenza, mentre per quelle competenze che richiedono più supporto, per esempio quelle tecnologiche, che non è il caso di ricreare in-house, ci rivolgiamo all’esterno” spiega Alessia Truini Head of Product Development and Digital Channels di Intesa Sanpaolo Assicura. “In questi casi ci avvaliamo di società esterne che abbiano una forte competenza tecnologica e che siano dotate di asset proprietari sviluppati ad hoc per supportare certi tipi di cambiamento; in alcuni casi, ad esempio, la stima automatica del danno piuttosto che un pilota recentemente utilizzato per offrire una proposta nell'ambito di pet insurance. In questi casi, per esempio proprio per la costituzione dei pilota agiamo attraverso accordi commerciali per la durata del pilota o, se intravediamo anche un potenziale strategico, con un’acquisizione di quote di una partecipazione azionaria - di minoranza non di controllo - di alcune società che nell’ambito insurtech sembrano essere promettenti in termini di crescita.” evidenzia Truini. Gli fa eco Luigi Barcarolo, Direttore Insurance Analytics & Business Architecture del Gruppo Cattolica Assicurazioni, “Concordo con la collega: ci vuole grande flessibilità, e aggiungerei anche consapevolezza, da parte dell'azienda di quali siano gli ambiti in cui si desidera sviluppare proprietà intellettuale interna e in quali, invece, si possa accettare di fornirsi di proprietà intellettuale di terze parti”.
Non c’è una regola predefinita, si tende a virare all’esterno quando occorre supporto alle competenze interne
Per gli Advanced Analytics abbiamo fatto una scelta di campo cercando di sviluppare quanto più possibile le competenze interne
Luigi Barcarolo, Cattolica Assicurazioni
“Ad esempio, in Cattolica per quanto riguarda tutti i temi legati al mondo degli Advanced Analytics abbiamo fatto una scelta di campo cercando di sviluppare quanto più possibile le competenze interne perché riteniamo che in questo ambito conservare in-house la proprietà intellettuale possa arricchire la catena del valore in maniera significativa” spiega Barcarolo. “In altri ambiti preferiamo invece guardare al mercato dell’open innovation tramite iniziative, come ad esempio ad Open Italy, che facilitano il contatto con start up in grado di accelerare l’innovazione in quei settori nei quali le competenze interne non sono disponibili” conclude Barcarolo.
Lo abbiamo chiesto ad Anaplan, una società presente sul mercato dal 2011 che offre un sistema nel cloud che permette di fare pianificazione. Anaplan sta per “analytics” e “planning, dotata del sesto livello di flessibilità per definire i modelli di pianificazione e di lavoro, ha una potenza del cloud infinita nel livello di calcolo. “La domanda sul mercato nell'ultimo anno è stata variegata: a partire dalla pianificazione finanziaria inclusa la IFRS 17 (il nuovo principio contabile internazionale per la contabilizzazione dei contratti assicurativi, ndr), ai processi automatizzati end-to-end per la sottoscrizione dei nuovi contratti, alla gestione delle risorse umane” spiega Frank Walter, direttore di Anaplan. “Cito due esempi: l'automatizzazione del processo della quotazione per fornire tutte le informazioni necessarie per eseguire la quotazione con il cliente in B2B, offerta ad Anaplan a un assicuratore a livello mondiale; la scelta della nostra piattaforma unica di pianificazione da parte di uno dei più grandi assicuratori mondiali, per un utilizzo sia strategico che tattico, per esempio per simulare con dei nuovi partner delle start up dei nuovi modelli di business e capire quali possano essere gli elementi da condividere in questo tipo di sistema” conclude Frank Walter.
Qual è il supporto che società esterne possono offrire al mondo insurance?
Il mondo si evolve in fretta e l’innovazione è tra i motori del cambiamento. Secondo il report EY FinTech Waves del 2020 in collaborazione con il FinTech District, sarà la cooperazione – e non la concorrenza - il principale fattore di disruption per il settore finanziario. Startup, FinTech e InsurTech, grazie alle loro competenze specifiche sono diventate i migliori alleati delle compagnie di assicurazione per soddisfare le crescenti aspettative dei clienti e fornire prodotti sempre più avanzati e evoluti dal punto di vista tecnologico. E questo ultimo anno ha solo accelerato il processo e le esperienze delle compagnie di assicurazione al tavolo ne sono la testimonianza. “Proprio nel mese di aprile è stata firmata a Trieste la lettera di intenti per la costituzione del Data Science and Artificial Intelligence Institute tra il Gruppo Generali e le principali istituzioni universitarie della regione Friuli, oltre a un istituto di ricerca di fisica avanzata che entra a far parte del network internazionale europeo ELLIS, l’European Laboratory for Learning and Intelligent System, e quindi porterà lo studio a livello globale con l'idea poi di aprirlo a collaborazioni con partner” esordisce Paolo Rubano, Finance Transformation Director di Generali. Prosegue Rubano “Cito un’altra iniziativa a me molto cara perché tocchiamo un ambito al quale sono particolarmente legato: le strutture di collaboration e gli ecosistemi. Si tratta di Vitality, una joint venture del Gruppo Generali con una società sudafricana Discovery al momento disponibile in Germania, Francia e Austria. Prevede un sistema di reward per il nostro cliente: più terrà comportamenti virtuosi più avrà la possibilità di guadagnare premi; è un perfetto esempio di passaggio da un ruolo di tipo passivo a un ruolo di tipo proattivo che consente di seguire il cliente lungo il suo percorso. È uno degli obiettivi strategici di Generali, essere lifetime partner”.
I responsabili dell’innovazione di quattro compagnie di assicurazione ci spiegano la sperimentazione che c’è dietro ogni lancio innovativo
Abbiamo l'ambizione di creare un prodotto full digital con processi liquidativi automatici in presenza di eventi meteo estremi certificati
Vitality, un sistema di reward per il nostro cliente: più è virtuoso, più guadagnerà premi
Bisognerebbe capire quali sono i trigger che scatenano consenso generale senza dovere attendere fattori scatenanti
Grazie a una partnership con una journey interamente digitale, offriamo ai nostri clienti, un prodotto per l'assicurazione del pet
Innovazione può anche significare rapportarsi con nuovi ambiti di rischi, come ad esempio le minacce cyber, i disastri climatici e la sostenibilità. “È il caso, per esempio, della polizza, lanciata lo scorso settembre da TUA Assicurazioni - parte del Gruppo Cattolica - con il contributo di Satec, una MGA specializzata del nostro Gruppo, che assicura il processo legato ai wallet di criptovalute offerte da CheckSig, un interessante startup italiana in crescita nel mondo dei wallet digitali” spiega Luigi Barcarolo, Direttore Insurance Analytics & Business Architecture di Cattolica Assicurazioni. “Nel mondo meteo, inoltre, stiamo sperimentando nuove soluzioni e parametriche, all'interno di una sandbox con CeTIF dell'Università Cattolica. L'ambizione è quella di creare un prodotto full digital basato su tecnologia blockchain, e quindi sugli smart contract, che in presenza di eventi meteo estremi certificati da dati oggettivi possa generare processi liquidativi automatici” prosegue Barcarolo. L’innovation non appartiene al mondo tradizionale, in questa sfera bisogna avere il coraggio di provare, sbagliare e riprovare, si testa, si fa PoC, minimum viable product. Non c’è spazio per l’errore tradizionale: più che falle troviamo sperimentazioni, lezioni dalle quali imparare. Così è stato per Intesa Sanpaolo Assicura quando si è trattato di selezionare un product provider per il prodotto Pet, sulla cui tenuta tecnica c’erano dubbi “Prima di impiegare risorse abbiamo lanciato una partnership con un provider esterno; lo abbiamo ingaggiato sui nostri sistemi tramite un broker digitale - di cui siamo anche entrati in quota societaria di minoranza - e grazie a questo tipo di partnership con una journey interamente digitale, dallo scorso luglio, offriamo ai nostri clienti, un prodotto per l'assicurazione del pet” spiega Alessia Truini Head of Product Development and Digital Channels di Intesa Sanpaolo Assicura. Può accadere inoltre che i processi innovativi muovano da fattori esterni. “Così è stato per Aviva, una compagnia che ha una lunga tradizione di collaborazione con gli agenti che fa sì che i processi innovativi muovano da lunghe conversazioni che possono rallentare il processo” spiega Vittorio Giusti CEO della compagnia danni Aviva Italia Spa. “Uno dei casi più lampanti è che siamo stati tra le ultime compagnie a digitalizzare i processi di stampa, la pandemia ha scatenato questo cambiamento e, nel giro di poche settimane, ci siamo organizzati con modalità paperless e firma digitale. Il punto è che bisognerebbe capire quali sono i trigger che scatenano questo consenso generale senza dovere attendere situazioni eccezionali” conclude Giusti. La parola chiave resta sperimentare “Per il lancio delle soluzioni innovative abbiamo adottato sin dal 2018 un approccio di tipo minimum viable. Ed è anche grazie a questa logica, in particolare sul tema dell’internet of things applicato alla telematica auto, e a un continuo miglioramento dell’offerta, che in tre anni abbiamo raddoppiato la quantità di contratti Motor connessi presenti nel portafoglio della compagnia” spiega Luigi Barcarolo, che in Cattolica Assicurazioni ricopre anche l’incarico di Direttore Danni Auto. “Ma bisogna anche essere pronti a registrare dei fallimenti: questo è quello che è successo, ad esempio, con il lancio della prima offerta internet of things legata al mondo Casa in Cattolica, che anche causa Covid è stata ritirata dal mercato. Ma, come emerso all’unisono in questo tavolo, si tratta di sperimentare e riprovare e così questo progetto vedrà adesso dei nuovi sviluppi, nell'ambito - tra l'altro - di una nuova partnership che riguarda tutto il settore internet of things Cattolica, oltre ad altri ambiti industriali, assieme al Gruppo Generali” conclude Barcarolo.
Il futuro è supersonico, siamo passati da un mondo tranquillo a un mondo dove dobbiamo prendere decisioni tutti i giorni ed è proprio in questo processo di decisione accelerato che intravediamo un grande potenziale di digitalizzazione. Il futuro è automatizzare quello che si deve fare nel momento successivo - la next best action -, ed è qui che interviene l’intelligenza artificiale che è in grado di aiutare l’uomo ad automatizzare non tutto, ma una buona parte delle sue decisioni per lasciare all'essere umano la facoltà di agire sulle cose nuove
Le organizzazioni del futuro devono essere lean, basate magari sul concetto del peer-to-peer, perché è fondamentale il mix tra l'uomo e la macchina; questo è il futuro prossimo, perché mi riferisco ai prossimi tre anni
Concordo sull’essere flessibili, ma sempre all’interno di una traiettoria di sviluppo nella quale portare avanti l’iniziativa di innovazione
Richiamo la formazione come un ulteriore elemento di prospettiva all'interno di questo quadro: il modo per mettersi al sicuro è senz'altro quello di creare competenze tali per cui le persone possano usare la tecnologia e non esserne soppiantate. Questo credo che sia un investimento molto doveroso da parte delle nostre aziende
Riprendo l’interessante osservazione di Frank Walter, che ha introdotto il concetto di augmented person, della persona che attraverso dotazioni e tecnologie accelera i processi di scelta. In questo ritrovo un'armonia con la parola artificiale ‘artificium’ che contiene appunto la parola arte. C’è un’arte dentro questa idea di futuro: non è un qualcosa di freddo, di macchine contro gli uomini, ma è la persona aumentata dagli strumenti che porta l'arte al centro del proprio lavoro
Vittorio Giusti, Aviva