The fact that we’re in the midst of a terrible pandemic doesn’t change the facts: climate crisis is just as real. The investment community is seeing a fundamental shift in ideas of what constitutes a ‘good’ investment, and the range of people, creatures, soils and oceans that might be affected. But many questions remain unresolved. Does ESG risk becoming commoditised, and how can we guard against that? Can the various definitions and terminologies around it ever be clarified to create a coherent set of standards? And, now the crash has finally arrived, will ethical investing be lower on the list of priorities?
in collaborazione con
TORNA SU
gianluca baldini editor, citywire italia
COME LA FINANZA SOSTENIBILE HA RIMODELLATO I MERCATI FINANZIARI
IL SUCCESSO DELL'Impact investing
INVESTIMENTI SOSTENIBILI E FONDI PASSIVI: FACCIAMO CHIAREZZA
COME CAPIRE SE UN PRODOTTO è DAVVERO ESG
REDDITO FISSO E PRODOTTI "GREEN"
il coronavirus ha rafforzato i prodotti esg
quanto pesa la g di governance
PUBBLIREDAZIONALE
I prodotti Esg o Sri (è solo una questione di etichetta), diciamocelo, non sono più una moda, ma una tendenza consolidata. Negli anni sono diventati tra i prodotti più graditi dalle case di gestione e dai clienti di tutto il mondo, in particolare di quelli europei. Il motivo è presto detto. Nel vecchio continente - e non solo - questi prodotti offrono sovraperformance di tutto rispetto, soprattutto in tempi di crisi come questi. Stando a uno studio realizzato da un noto asset manager, in Europa la componente sociale “S” ha ora il maggior impatto, quindi i fattori ambientali “E” e di governance “G” non rappresentano le uniche preoccupazioni per gli investitori. Senza contare che l'approccio Esg è ora sempre più integrato nei processi di selezione dei titoli. In questo supplemento potrete trovare una guida per capire quali sono i prodotti più interessanti e, soprattutto, come sceglierli per fare la felicità della clientela. Buona lettura!
gianluca baldini, editor, citywire italia
Il labirinto esg: una guida per gli investitori
pubbliredazionale
investimenti sostenibili e fondi passivi: facciamo chiarezza
il successo dell'impact investing
come la finanza sostenibile ha rimodellato i mercati finanziari
Pregi e difetti di un segmento che non smette di crescere
come capire se un prodotto è davvero esg
reddito fisso e prodotti "green"
parola agli esperti: il futuro dei prodotti esg
il coronavirus ha rafforzato gli esg
Come la finanza sostenibile ha rimodellato i mercati finanziari
La parola sostenibilità, nel mondo degli investimenti, oggi è diventata cardine: non solo impegno ambientale e sociale, ma soprattutto un buon governo d’impresa. La pandemia, forse, convincerà le aziende a raggiungere i tre criteri Esg
Una nuova parola d'ordine è entrata nell'agenda delle roccaforti del capitalismo mondiale: sostenibilità. Che si traduce sia nell'evitare investimenti in aziende che producono armi o tabacco o che violano i principi stabiliti nel Patto mondiale delle Nazioni Unite, sia nello scommettere su società che nelle loro scelte strategiche incorporano temi come l'energia verde, l'inclusione e la diversità. Anche le banche promettono di contribuire allo sforzo planetario per cambiare rotta seguendo i criteri standard chiamati Esg. La “E” sta per environmental e riguarda l’impegno ambientale (energie rinnovabili, efficienza energetica, riciclo e lotta agli sprechi, in primis). La “S” sta per social: come le imprese trattano i loro stakeholder (portatori d’interesse) interni ed esterni (dai dipendenti ai fornitori, dagli investitori ai clienti). Come si misura? Si analizzano le strategie sul welfare privato (i benefit per i collaboratori, soprattutto), sull’importanza del rispetto della legalità e della lotta contro la corruzione. La “G” sta per governance: importante, perché solo il buon governo dell’impresa garantisce la minimizzazione dei rischi gestionali e reputazionali e la massimizzazione del ritorno nel medio e lungo termine. Nel 2008, i principi di investimento responsabile dell’Onu erano appena nati e i 17 obiettivi di sostenibilità dell’Agenda al 2030 al di là da venire (sono stati fissati nel 2015). Oggi, invece, gli investitori che puntano sulla sostenibilità chiedono a gran voce questo cambiamento, dall’alto dei 23 mila miliardi di dollari (dato 2019) investiti in maniera responsabile nel mondo. La finanza sostenibile ormai non è più una moda. È una necessità.
Il problema ora non è più se i prodotti degli asset manager siano Esg o no, ma se le società di gestione adottino o meno i principi della finanza etica e sostenibile
Camilla Conti
Il problema ora non è più se i prodotti degli asset manager siano Esg o no, ma se le società di gestione adottino o meno i principi della finanza etica e sostenibile. L’Aiaf, standard setter per l'analisi finanziaria, ha previsto le linee guida per la stesura della ricerca sui titoli equity quotati. Lo scopo è che il messaggio rivolto alla sostenibilità sia chiaro, in particolare nelle scelte che riguardano gli investimenti da effettuare in futuro. Aiaf sostiene quindi che la figura dell’analista sia cruciale per comprendere e valutare quali fattori propri della finanza sostenibile debbano essere incorporati nei report finanziari destinati agli investitori istituzionali e retail, come i fattori Esg devono essere analizzati e valutati per la definizione del prezzo di un titolo. Altro aspetto sottolineato è stato come finora la sostenibilità sia stata valutata soprattutto con riferimento alla parte ambientale e non abbastanza per la parte sociale. Per questo Aiaf rilascia un diploma professionale internazionale in materia di Esg. Cosa succederà agli investimenti sostenibili dopo l’emergenza Covid-19? Se lo è chiesto anche il Financial Times, ragionando su che cosa accadrà ai dividendi, per adesso non distribuiti - in risposta alla crisi scaturita dal virus - di grandi società. In una situazione normale, gli azionisti avrebbero solo un po’ di tempo da aspettare, prima di poter rincassare. Ebbene, oggi molti analisti non sono così convinti che quello che non si è pagato nei mesi del lockdown torni nelle tasche degli shareholder. Perché la pandemia potrebbe aver cambiato le regole del gioco e aver convinto le aziende che quei soldi debbano essere investiti per accelerare, nella strategia aziendale, il raggiungimento dei tre criteri Esg. In una recessione “tipica” si cercherebbe di salvaguardare il dividendo con tagli agli investimenti e ai costi. Oggi c’è una nuova tendenza, che mette enfasi piuttosto che sugli azionisti, sugli impiegati, sui clienti, sulla società. Insomma, sotto pressione da parte dei governi e degli stessi investitori, le aziende stanno spostandosi in maniera sempre più evidente verso un nuovo concetto di responsabilità: verso la società, il pianeta e verso i dipendenti. Senza dimenticare che molti Paesi hanno agganciato l’erogazione di aiuti proprio alla rinuncia al dividendo. Recessione e responsabilità.
CAPITOLO SUCCESSIVO
CAPITOLO PRECEDENTE
1. Il manager ha una lunga esperienza nell’ambito RI o ESG? L’esperienza permette al gestore di sviluppare una comprensione olistica di differenti tematiche cogliendo più sfumature delle varie fattispecie in esame. In presenza di un team dedicato occorre chiedersi: ci sono gli specialisti necessari a coprire le diverse attività dell’investimento responsabile? Questi esercitano un’attività di ricerca ESG interna e a quali strumenti si affidano? La ricerca “in house” può offrire più sfaccettature di quelle proposte da analisi e rating di parti terze. Queste infatti, basandosi sui dati aziendali pubblicati, sono orientate al passato. La ricerca interna consente di indirizzare l’attività verso un risultato più prospettico. Infine lo stesso gestore dovrebbe condurre il proprio business coerentemente partecipando a iniziative internazionali (es. UNPRI o SASB) e applicando la propria Corporate Social Responsibility (CSR). L’investimento responsabile dev’essere parte del proprio DNA e non solo uno slogan.
A multi-layered approach We certainly endorse engagement, but there is the perceived danger among industry observers that the responsible investment industry has turned engagement – and the pursuit of it for its own sake – into an excuse not to take more decisive action when needed. The fossil fuel divestment campaign which emerged in 2010 has also had a growing influence, backed by studies suggesting client portfolios may incur significant ‘stranded asset risk’, given the world needs to transition to a low-carbon economy, by keeping unexploited fossil fuel assets in the ground. This has built a powerful case on moral and financial grounds for avoiding or indeed divesting from fossil fuels in order to align portfolios more closely to the Paris Agreement target – keeping the increase in global temperatures to below 2OC and limiting the increase to 1.5OC. EdenTree’s Amity Funds have taken an increasingly focused approach to being ‘carbon aware’ by avoiding thermal coal, oil & gas exploration and production and some high emitting industries and companies that are unlikely to transition. At EdenTree we invest for the long-term. We do not take the decision to divest lightly and always look constructively to engage with a company first, often over long periods of time. However, these efforts are not always rewarded and from that we may sometimes conclude that divestment is warranted. Since 2012, we have proactively divested from 10 stocks and fixed interest instruments specifically on ethical or ESG grounds. These range from systemic business ethics failures (corruption, money laundering etc.) to product quality and safety issues, incompatibility with our climate change stance, to pressing human rights and safeguarding concerns. We believe the balance between good stock selection and constructive engagement, but with the ultimate sanction of divestment, provides a robust process of risk assessment for clients. It also provides the reassurance that we have clearly established values with divestment red lines. Timely divestment can also protect client capital from growing legal and regulatory headwinds. Many of the stocks we divested from on ethical and ESG grounds still face systemic challenges including fraud related litigation and product safety. Some financial institutions are still recovering from headwinds sustained during the financial crisis a decade ago. Understanding these sometimes long-term impacts via our robust ESG due diligence process and acting on them, has, we believe, protected clients from reputational impacts and capital loss. For example, Samsung Electronics has been mired in controversy regarding corruption and poor employee engagement for some time, and we had strong concerns over cobalt sourcing and the integrity of human rights within the supply chain. Governance remained a real problem, coupled with a culture of impunity given rising safety challenges. After engaging with Samsung following the arrest and conviction of senior management for corruption, the company’s lack of reassurance left us no choice but to divest.At a time when financial services are suffering from high levels of mistrust, investment managers are under pressure to demonstrate active principles alongside wider ESG credentials. We believe divestment, deployed wisely, sits comfortably within a balanced strategy of focused engagement and research. Withdrawing client capital or taking profit from disreputable businesses provides ultimate reassurance of the overall process, and one we know is supported by clients who seek strong values-led action from their managers.
II labirinto ESG: una guida per gli investitori
Cinque cose che un fund selector dovrebbe tenere a mente nella selezione dei fondi ESG
IN COLLABORAZIONE CON
La crescente consapevolezza degli investitori e l’evoluzione normativa stanno guidando i criteri di selezione dei fund selector verso soluzioni dedicate all’investimento responsabile (RI). Nel 2021 un’implementazione della direttiva MiFID II richiederà ai consulenti di considerare le preferenze dei propri clienti in ambito ESG. Sarà indispensabile quindi garantirsi una panoramica chiara in merito a quali fondi siano realmente “responsabili”. Per offrire qualche riferimento alla vostra ricerca nell’ambito RI vi forniamo cinque domande da tenere a mente nella vostra fase di selezione:
2. L’approccio ESG soddisfa la tue esigenze? Cosa si attendono i tuoi clienti dal proprio investimento in termini di performance finanziaria e ESG? Essere fortemente guidati da alcuni valori può indurre a voler escludere specifici settori anche ponendo la dimensione finanziaria in secondo piano o concentrando il proprio investimento su particolari trend o temi come il cambiamento climatico.fondamentale quindi collaborare con un partner che riconosca i diversi bisogni e li sappia intercettare attraverso la propria offerta. Riconoscere le soluzioni di investimento in grado di integrare completamente i fattori ESG significa individuare una via per conciliare rendimento e responsabilità innescando un potente volano di cambiamento positivo.
3. Com’è il livello di trasparenza del manager, dei suoi processi e della sua offerta? Mentre per molti strumenti esistono dei requisiti minimi di reportistica, ciò non accade per quanto concerne l’approccio ESG. Oltre a sgargianti Annual Report dovresti orientarti su report ESG dettagliati e regolari inerenti le attività di engagement e le metriche ESG rilevanti come le emissioni di CO2 del portafoglio e il contributo offerto al conseguimento degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile delle Nazioni Unite (SDG). Dati riguardanti le politiche di corporate governance e le votazioni effettuate, così come Policy RI, dovrebbero essere facilmente consultabili.
4. Il manager cerca proattivamente di generare un cambiamento positivo? Il cambiamento, o la creazione di un impatto, è un importante aspetto dell’investimento ESG. Oltre all’esercizio dei diritti di voto durante le AGA, altri mezzi efficaci sono le iniziative collettive degli investitori e il dialogo con le aziende stesse. Il programma di engagement dovrebbe iniziare con l’individuazione delle aree critiche, la definizione del programma stesso e il relativo follow-up. Queste attività possono essere condotte individualmente o in collaborazione con altri investitori. Vale la pena quindi individuare il partner che trascende i limiti di un semplice screening dell’universo investibile operando come agente di cambiamento.
5. Il prodotto ha una credibilità ESG? Gli investimenti responsabili possono assumere varie forme e una certificazione esterna e indipendente può essere una buona indicazione per orientarsi. Negli ultimi anni sono nate diverse certificazioni (Label) in altrettanti Paesi. Tali certificazioni comprovano la serietà dell’approccio ESG dello strumento finanziario, del processo di investimento e del livello di trasparenza relativamente alle linee guida definite dalle organizzazioni locali (in mancanza di una tassonomia europea) come il Towards Sustainability label in Belgio o l’FNG-Siegel tedesco. Ogni label definisce criteri e dimensioni di analisi specifiche offrendo un controllo di qualità esterno a favore dell’investitore. Tenere in considerazione queste risposte ti permetterà di disegnare un quadro esauriente di valutazione dell’approccio di un asset manager all’investimento responsabile così come la qualità della sua offerta. Un gestore che presenta elevati livelli di trasparenza in merito alle sue attività e alle performance finanziare e ESG può essere quello giusto a cui affidare la propria fiducia e i propri soldi.
Nordea Asset Management è il nome funzionale delle attività di asset management svolte dalle persone giuridiche, Nordea Investment Funds S.A. e Nordea Investment Management AB ("Entità Legali") e le loro filiali, società controllate e succursale. Il presente documento ha lo scopo di fornire al lettore informazioni su specifiche capacità di Nordea. Il presente documento (ed eventuali pareri o opinioni ivi contenute) non costituisce una consulenza d’investimento e non costituisce una raccomandazione all'investimento in particolari prodotti, strumenti o strutture d'investimento, all'apertura o alla chiusura di qualsivoglia operazione o alla partecipazione a una particolare strategia di trading. Questo documento non costituisce un'offerta né una sollecitazione di un’offerta ad acquistare o vendere titoli o strumenti o a partecipare a tale strategia di trading. Eventuali offerte di questo tipo possono essere effettuate esclusivamente mediante un Memorandum di offerta o un analogo accordo contrattuale. Il presente documento non può essere riprodotto o distribuito senza previa autorizzazione. © Le Entità Legali appartenenti a Nordea Asset Management e ad ogni filiale, società controllata e/o succursale.
INFORMAZIONI IMPORTANTI
Case for divestmnt There is a growing voice among asset managers that argues by avoiding unethical companies, we leave ownership and therefore governance to investors uninhibited by ethical considerations, thereby strongly promoting continued investment. Yet in modelling, building and managing portfolios, fund managers make choices every day on stocks they hold and divest from on financial grounds. It seems strange then that divestment on ESG grounds has become so contentious. Our imperative is to deliver long-term out performance by investing in superior companies that have a compelling investment and ESG case. Whilst sustainability is important – and we look for thematic plays that support our key strengths in education, healt & wellbeing, social infrastructure and sustainable solutions - we always seek to nsure tat these are also strong candidates in terms of business ethics, corporate governance, human rights and environmental management. Choosing not to allocate capital to companies exhibiting poor overall environmental, human rights and business ethics credentials is a perfectly valid risk-adjusted approach to ESG analysis and oversight. In what circumstances then would divestment support an ESG investment strategy? We apply the sanction to companies consistently failing to make progress in improving their performance in key areas such as climate change, or which have particularly poor records in fines, prsecutions, higher than average health & safety accident rates or pollution incidents. These factors reduce a company’s ability to achieve superior long-term performance, thus potentially justifying divestment. For example, we recently divested from Deutsche Bank, which has been implicated in multiple financial scandals. Due to poor internal controls, the company saw ballooning contingent liabilities and has been weighed down by prosecutions. However, our concerns centred around operational integrity, and where culture became severely challenged by the ongoing failure to restore trust. Finally, a severe misconduct crisis, which included LIBOR rigging, mis-selling and money laundering – with serious implications for the long-term prospects of the company – prompted our decision to divest. We also withdrew our investments in British multinational security services company G4S. The company was facing multiple ethical challenges over care and protection, including assault, use of non-approved restraint and more serious torture allegations in South Africa. Operating in a high-risk environment, there was mounting evidence G4S was failing to provide adequate care and custody. Our decision to divest was ultimately prompted by allegations of abuse at the Medway young offender unit.
3. Com’è il livello di trasparenza del manager, dei suoi processi e della sua offerta? Mentre per molti strumenti esistono dei requisiti minimi di reportistica, ciò non accade per quanto concerne l’approccio ESG. Oltre a sgargianti Annual Report dovresti orientarti su report ESG dettagliati e regolari inerenti le attività di engagement e le metriche ESG rilevanti come le emissioni di CO2 del portafoglio e il contributo offerto al conseguimento degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile delle Nazioni Unite (SDG). Dati riguardanti le politiche di corporate governance e le votazioni effettuate, cosi come Policy RI, dovrebbero essere facilmente consultabili.
Il successo dell’impact investing
Risultato positivo, non solo in termini di redditività, ma anche in ottica etica e sostenibile, la sottile differenza tra Esg e investimenti a impatto. Entrambi in un momento di forte crescita, l’"impatto" farà la differenza?
Il Global Impact Investing Network, con sede a New York, ha stimato che il mercato degli investimenti a impatto vale attorno ai 502 miliardi di dollari. È solo una prima stima, poiché è difficile scorporare questo specifico segmento degli investimenti etici e sostenibili dalla più ampia famiglia degli investimenti Esg, che prediligono asset sostenibili dal punto di vista ambientale, sociale e di governance. L’obiettivo dell’impact investing è comunque chiaro: i capitali privati possono contribuire a creare impatti sociali positivi e, al tempo stesso, rendimenti economici. Asset manager, family office, fondazioni, fondi pensione, istituzioni per la finanza dello sviluppo (DFis), banche: sono diversi i soggetti che operano in questo settore. E con il concetto di sostenibilità che ormai è diventato il volano dello sviluppo, diventa ancora più difficile individuare attività specificamente dedicate alla finanza d'impatto in senso stretto. Il concetto di base è: guadagnare investendo in ambito sociale e ambientale. Oggi che il welfare pubblico si ritrae sempre di più, sono nate nuove forme di intervento e nuove asset dove allocare risorse. La finanza d'impatto guarda oggi sia ai mercati emergenti che a quelli sviluppati, attraversa tutte le asset class e include mercati pubblici e privati, dipende dagli obiettivi strategici prefissati da ciascuna organizzazione. Il 64% degli operatori mondiali sono asset manager. L’emergenza Covid-19 ha confermato e rafforzato il successo della finanza d’impatto. Durante la crisi Coronavirus, secondo quanto emerso da un’analisi di Lipper-Refinitiv, la maggior parte dei fondi convenzionali ha sottoperformato i suoi indicatori tecnici, mentre quelli Esg hanno sovraperformato. In generale, 15.314 fondi (44,6%) sono stati in grado di sovraperformare dal 31 gennaio al 31 marzo, mentre 19.026 (55,4%) hanno sottoperformato. Dei 2.773 fondi che integrano criteri Esg, 1.497 hanno battuto l’indicatore di riferimento. La performance media dei fondi Esg nel periodo considerato (+0,43%) è più alta della media dei fondi convenzionali (-0,65%), anche se i fondi convenzionali sovraperformanti hanno messo a segno in media il +4,34%, rispetto al +3,76% dei fondi Esg sovraperformanti. I fondi convenzionali sottoperformanti hanno registrato un -4,53%, contro il -3,48% dei sottoperformanti Esg. Va, inoltre, sottolineato che lo spread tra i migliori e i peggiori fondi convenzionali (da -63,08% a +46,71%) è molto più ampio rispetto allo spread per gli Esg (da -30,09% a +31,67%).
L’obiettivo dell’impact investing è comunque chiaro: [...] creare impatti sociali positivi e, al tempo stesso, rendimenti economici
Nelle fasi ribassiste di mercato, sono stati soprattutto standard sociali e di governance forti a garantire questa relativa solidità. Una gestione affidabile del capitale umano ha consentito di proteggere i dipendenti e di riorganizzare i processi, minimizzando di conseguenza i disagi. Gli investitori hanno avuto la sensazione che queste aziende potessero riaprire più rapidamente delle altre. Allo stesso tempo, una governance forte ha assicurato comunicazioni trasparenti con gli investitori e un’assunzione di responsabilità con gli stakeholder. Gli investitori ne sono stati rassicurati e hanno goduto di maggiore visibilità. Evidente come aziende con un buon controllo dei rischi extra-finanziari, siano meglio preparate e posizionate per affrontare crisi come questa. Gli investimenti a impatto sociale si sono mossi verso una dimensione più mainstream, poiché il mondo in isolamento si concentra sui problemi che la popolazione sta affrontando e sulla necessità di trovare soluzioni. Emergono nuove sfide da affrontare, in particolare, il termine «impatto» assume significati molto diversi a seconda dei soggetti. Alcune di esse stanno costruendo modelli basati sugli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite, mentre altre stanno sviluppando modelli propri. Gli investitori cercano di trovare un equilibrio tra fattibilità e condizioni ottimali. Siamo di fronte a un cambiamento fondamentale nel settore degli investimenti Esg, in cui l’elemento dell’impatto diviene sempre di più una priorità centrale.
Investimenti sostenibili e fondi passivi: facciamo chiarezza
Lo sviluppo di Etf sostenibili va di pari passo con l’interesse verso una gestione passiva degli Esg e la creazione di nuovi indici permette di escludere attività “controverse”
Benché la maggior parte degli investimenti Esg sia ancora gestita attivamente, è tuttavia possibile notare un tangibile aumento dell’interesse per la gestione passiva da parte degli investitori che desiderano avere un approccio Esg. Lo sviluppo degli Etf si sta dunque legando a doppio filo con quello degli strumenti sostenibili. Non è un caso che Pri, l’ente supportato dalle Nazioni Unite che promuove l’adozione di principi di investimento responsabile, sottoscritti da 2.372 operatori per un patrimonio gestito totale di oltre 86 mila miliardi di dollari (a fine 2019), ha condotto una consultazione per capire le sfide e le opportunità dell’incorporazione dei fattori ambientali, sociali e di governance nella gestione passiva. A livello europeo, i replicanti con un focus sui fattori ambientali, sociali e di governance hanno ricevuto, nel 2019, flussi netti di 4,5 volte superiori all’anno precedente, per un totale di 16,7 miliardi di euro, pari al 15,7% del totale. La forza degli Etf esg è stata confermata anche dalla raccolta nella fase più critica dell'emergenza Covid-19: 10,6 miliardi di euro, da gennaio a maggio, battendo di diverse lunghezze anche i classici Etf obbligazionari (che hanno raggranellato 7,5 miliardi di euro) e le esposizioni sulle commodities (che hanno messo in cassa solo 400 milioni di euro). Tutte le altre asset class sono sprofondate in rosso. A partire da inizio anno, gli indici Sri esposti sull'azionario americano, europeo e globale hanno fatto meglio dei tradizionali con uno scarto simile a quello già registrato nelle precedenti situazioni critiche del 2015 e 2018. Chiaro che tali prodotti di risparmio “vivano” nello stesso ambiente degli altri strumenti finanziari e, a livello di performance, abbiano incassato un forte calo. Ma i titoli socialmente responsabili si sono dimostrati più resilienti all’effetto virus. I riflettori si accendono su nuovi temi come smart cities, digital economy, future mobility, disruptive technology, millennials. Le aziende stanno incrementando la divulgazione di informazioni sulle loro pratiche Esg, con una progressiva standardizzazione delle informazioni fornite. Una maggiore disclosure conduce a una più completa copertura da parte delle società di rating Esg, aggregatori di dati e provider di dati specializzati, che a loro volta alimentano migliori indici sostenibili.
I fornitori di indici hanno la possibilità di rispondere in modo più efficace alla domanda degli investitori producendo indici più sofisticati. Ad esempio, grazie all’ingente quantità di dati legati all’Esg a sua disposizione, Msci ha potuto sviluppare una gamma di indici Sri. La metodologia su cui si basa la famiglia di indici Msci Sri mira a escludere i titoli noti come “Esg controversi”. Questi includono le imprese che violano norme internazionali quali il Global Compact delle Nazioni Unite. L’indice esclude anche le azioni che partecipano ad “attività controverse”, come i produttori di armi da fuoco ad uso civile, armi convenzionali, gioco d’azzardo, organismi geneticamente modificati, energia nucleare, tabacco, alcolici, carbone termico o intrattenimento per adulti. I titoli rimanenti vengono inclusi nell’indice solo se hanno rating Esg minimo, determinato mediante uno screening sistematico. Una volta effettuata la selezione, ogni settore viene ricostruito utilizzando una selezione dei titoli, tra quelli con il miglior punteggio Esg. È possibile applicare criteri di investimento simili a indici sulle obbligazioni corporate. Ciò permette di identificare fattori poco evidenti, che potrebbero avere un impatto sul rischio di credito di un’azienda, ma consente anche agli investitori di adottare un approccio coerente in tutto il loro portafoglio.
La forza degli Etf esg è stata confermata anche nella fase più critica dell'emergenza Covid-19: tutte le altre asset class sono sprofondate in rosso
Come capire se un prodotto è davvero Esg
Con il grande seguito che stanno acquistando, dobbiamo assicurarci che i prodotti Esg che stiamo considerando non siano stati resi più appetibili a nostro discapito
Gli investimenti Esg sono ormai diventati un elemento centrale delle strategie degli investitori. Anche i risparmiatori retail stanno mostrando attenzione ai profili di “sostenibilità” nella scelta dei propri investimenti. Ma quanto siamo effettivamente certi che quello che consideriamo un prodotto Esg in realtà non lo sia? Occorre porre molta attenzione ad eventuali operazioni di greenwashing, cioè l’insieme di attività o politiche messe in atto per cercare di ritrarre la propria offerta fondi secondo criteri Esg, al fine di attirare più clientela. Non a caso, lo scorso 12 marzo, la Consob ha pubblicato una specifica nota per richiamare l’attenzione degli investitori sull’asset allocation rispettoso dei principi environmental, social, governance. L’Autorità garante della Borsa, guidata da Paolo Savona, ha ripercorso i passaggi che si sono succeduti nel corso degli ultimi anni. Nel mese di maggio 2018 la Commissione europea ha pubblicato un pacchetto di proposte legislative volte a promuovere una “finanza sostenibile” in linea con gli obiettivi enucleati nel proprio “Piano d’azione” del marzo 2018. In tale ambito, sono stati avviati i lavori per la predisposizione di modifiche alle misure di attuazione della MiFid II. In proposito, l’Esma ha fornito un apposito “technical advice” alla Commissione europea. È inoltre in corso di predisposizione, viene ricordato, una regolamentazione per l’individuazione di criteri armonizzati che consentano di determinare, in maniera omogenea, il grado di sostenibilità degli investimenti (c.d. “Regolamento Tassonomia”). Il 9 dicembre 2019 è stato poi pubblicato il Regolamento (Ue) 2019/2088 relativo all’informativa sulla sostenibilità nel settore dei servizi finanziari (c.d. “Sfdr – Sustainable finance disclosure regulation”), che stabilisce norme armonizzate sulla trasparenza per i partecipanti ai mercati finanziari e i consulenti finanziari. Nelle more della definizione e applicazione delle modifiche legislative in corso, l’Autorità osserva che la disciplina vigente già contiene indicazioni che si ritiene debbano essere considerate dagli intermediari nella prestazione dei servizi di investimento. Nel quadro della disciplina europea e nazionale sulle informazioni e comunicazioni pubblicitarie e promozionali rilevano in particolare una serie di obblighi degli intermediari. In primo luogo, occorre fornire al cliente informazioni corrette, chiare e non fuorvianti, anche nell’ambito delle comunicazioni pubblicitarie e promozionali. Si deve poi assicurare che le informazioni contenute nelle comunicazioni di marketing siano in linea con quelle fornite ai clienti nel quadro della prestazione di servizi di investimento e servizi accessori e fornire ai clienti o potenziali clienti, in tempo utile prima di prestare loro i servizi di investimento o servizi accessori, una descrizione generale della natura e dei rischi degli strumenti finanziari, tenendo conto, in particolare, della classificazione del cliente come cliente al dettaglio, cliente professionale o controparte qualificata. Nell’ordinamento domestico, conclude la Consob, trovano altresì applicazione gli ulteriori obblighi informativi e di rendicontazione previsti dagli artt. 136 e 137 del citato Regolamento Intermediari n. 20307/2018, relativi ai prodotti e servizi qualificati come “etici” o “socialmente responsabili”.
Occorre fornire al cliente informazioni corrette, chiare e non fuorvianti, anche nell’ambito delle comunicazioni pubblicitarie e promozionali
Il trend, di certo, è molto forte se pensiamo a quello che sta facendo l'Unione europea con una serie di normative che saranno molto prescrittive se si vogliono fare degli investimenti di tipo sostenibile. La questione Esg verrà ricompresa nell'analisi finanziaria. Andando verso la standardizzazione dei criteri, che i policymaker europei stimoleranno, la performance comincerà a emergere. La dimensione degli Esg non dipenderà soltanto da cosa faranno le società per migliorare il loro rating Esg, ma anche da quali saranno le loro azioni per proteggersi e difendere il loro vantaggio competitivo.
Reddito fisso e prodotti "green"
I prodotti Esg sembrano sempre più attraenti anche dal punto di vista obbligazionario: lungimiranti e meno soggetti a declassamenti di default
Le tematiche ambientali, sociali e di governance, riassunte nell’acronimo Esg occupano una posizione di primo piano nelle agende dei governi e in ogni aspetto della vita pubblica e privata di aziende e individui, facendone ormai parte a tutti gli effetti. Gli stessi temi hanno trovato una forte eco anche nell’industria dell’asset management, in particolare a partire dalla crisi del 2008, a seguito dei numerosi scandali che hanno colpito il settore e che hanno alimentato una crescente sensibilità verso questi argomenti, anche nel pubblico retail, allineando il mondo finanziario ad altri ambiti che già da decenni vi investivano fortemente. “Se fino a ora l’attenzione al tema Esg era stata focalizzata prevalentemente sull’asset azionario, è in crescita l’interesse anche per quanto riguarda il mondo obbligazionario – dice a Citywire Alessandro Allegri, ad di Ambrosetti Am Sim - L’incertezza e la volatilità a cui abbiamo assistito negli ultimi mesi pare abbiano favorito l’esplosione di tematiche Esg anche sul fronte del debito. Le aziende che emettono bond sostenibili sono infatti percepite come più resistenti a declassamenti e default, meglio amministrate e più lungimiranti, quindi più adatte a superare tempeste di mercato. Questo si traduce in performance e finanziamenti a tassi migliori per le società con rating Esg più alto. A sostenere questa tesi esiste una ricerca di Breckinridge Capital Advisor e Mit Sloan School of Management che dimostra che a punteggi aziendali Esg più elevati corrispondono spread più bassi e più stabili sul mercato delle obbligazioni corporate. Lo spread tra le obbligazioni emesse da società che presentano i punteggi Esg più bassi e quelli più elevati è mediamente di quasi 200 punti base”. Un dato che non fa che confermare quanto già osservato dall’Accademia sul fronte azionario.
L’incertezza e la volatilità a cui abbiamo assistito negli ultimi mesi pare abbiano favorito l’esplosione di tematiche Esg anche sul fronte del debito
Alessandro Allegri ad di Ambrosetti Am Sim
“Crediamo che gli investimenti Esg possano finalmente aiutare investitori, asset manager e singole società ad allineare i rispettivi interessi al fine di ottenere un portafoglio migliore e, in ultima analisi, un mondo migliore – dice Allegri - L’importanza dei criteri Esg, dal punto di vista dell’investitore, sta in attese di rendimento di lungo termine teoricamente più stabili e qualitativamente migliori. Senza dubbio esiste anche una componente ‘moda’ a favore della sensibilità degli investitori verso questo tipo di investimento. Ma, in ogni caso, diversi studi mostrano come oggi oltre il 60% degli investitori, sia professionali sia retail, ritenga gli investimenti Esg strategici per i propri portafogli e, inoltre, un’analoga percentuale intende aumentare nei prossimi anni la quota di investimenti riferibili alla categoria”. Il trend di crescita dei bond Esg è confermato anche dal comparto dei fondi passivi, strumenti costruiti per replicare l’andamento di indici e mercati settoriali. “Secondo un recente studio di Morningstar, alla fine di novembre 2019, gli asset del mercato dei fondi obbligazionari Esg passivi in Europa ammontavano a 11 miliardi di euro, rappresentando il 2% del denaro investito nei fondi obbligazionari passivi europei. Un dato che appare ancora molto contenuto rispetto al totale, ma quello che impressiona sono le percentuali di crescita anno su anno: i flussi annuali nel 2019 sono stati sei volte superiori rispetto a quelli dei due anni precedenti, mentre tra la fine del 2018 e la fine del 2019 gli asset sono triplicati”, afferma Allegri, che rileva infine un limite del settore, che oggi si limita a una selezione Esg originaria che non viene poi gestita in maniera significativamente attiva, perdendo potenziali opportunità di rotazione tematica. “Nella pratica ci attendiamo una maturazione dell’offerta che dovrà comporsi di una gamma di soluzioni anche a gestione attiva, flessibili, absolute return, magari anche multistrategy e con forte componente decisionale sistematica. A quel punto si avrà un puzzle adeguato a soddisfare compiutamente le attese degli investitori, non solo nel lungo termine”.
Parola agli esperti: il futuro dei prodotti Esg
Un futuro verde, sia per gli Esg che per le aziende che sceglieranno di adattarsi ai principi di sostenibilità. Prodotti e investitori stanno affrontando un cambiamento sincrono alla ricerca di affidabilità e accessibilità
Il Covid-19 ha riacceso la voglia e la necessità di sostenibilità. E il futuro dei prodotti Esg, già sotto la buona stella prima della pandemia per la domanda degli investitori, è destinato a essere sempre più roseo. Ne abbiamo parlato con Claudia Segre, presidente Global Thinking Foundation. “Il processo è inarrestabile, di pari passo con l’interesse degli investitori, infatti, le case di investimento implementano la loro capacità di analisi e i team dedicati all’Esg. Gli investimenti in Europa sui fondi sostenibili, nel secondo semestre 2019, son cresciuti del 20,5%, rispetto a un incremento sul comparto europeo dei fondi comuni di investimenti di meno della metà al 7,7%. Sicuramente tutta la liquidità messa in campo da governi e banche centrali in termini di finanziamenti alle imprese post Covid-19 avrà un effetto su questo trend. È logico pensare che tutto questo denaro sarà reso proficuo con un’applicazione ai criteri di sostenibilità”. E questa potrà essere un’occasione di ulteriore lancio del comparto per un biennio record 2020-2021, fiaccola di una ripresa economica europea all’insegna dei criteri Esg, una strada che d’altronde l’Ue stava intraprendendo quando il Coronavirus non era neppure un’ipotesi, con il Green New Deal. Ovvero, sostanzialmente, maggior spesa pubblica sia nazionale sia sovranazionale, improntata alla riqualificazione energetica e alla sostenibilità, per dare gas alle economie già indebolite da dieci anni di crescita fiacca.”
Laura Magna
L’evoluzione dei prodotti Esg e un accesso ai dati più ampio e diffuso stanno cambiando mentalità e approccio, chi acquista guarda con attenzione a strategie di livello più sofisticato
Cambierà la qualità dei prodotti Esg? Probabilmente si incrementerà, perché essere sostenibili è un percorso che presume un cambiamento innanzitutto culturale e che non si limita a un solo aspetto, ma pervade complessivamente l’ambiente circostante. Secondo Segre, “la peculiarità dei criteri Esg è il processo virtuoso che si portano dietro, senza se e senza ma, e che coinvolge tutta l’azienda che sceglie di adattarsi a questi criteri. Partendo dai Cda che stanno adeguandosi all’esigenza primaria di migliorare la propria infrastruttura dedicata all’interno, per poter divulgare la piena aderenza ai fattori di sostenibilità come elemento di distinzione. Lo stesso fenomeno già ampiamente osservato nelle economie anglosassoni, specchio dei mercati finanziari a capitalizzazione più elevata. Quindi negli Stati Uniti e in Gran Bretagna, un fenomeno iniziato quattro anni fa con le B Corp, cioè l’integrazione della sostenibilità a pieno titolo nella strategia delle corporate”. Dunque, questa aumentata consapevolezza renderà, con ogni probabilità, le strategie sottostanti ai fondi Esg più sofisticate ed è probabile che si moltiplichino i prodotti che dalle mere esclusioni di settori non compliant scelgano engagement molto più profondi, come il proxy voting per influenzare le assemblee con la propria voce. Non solo. “L’evoluzione dei prodotti Esg e un accesso ai dati più ampio e diffuso stanno cambiando mentalità e approccio di chi sottoscrive prodotti – commenta Segre – chi acquista guarda con attenzione a strategie di livello più sofisticato, perché finalmente può quantificarne le prestazioni e anche poter confrontare risultati e modalità di attuazione delle strategie stesse. Mai come in questo caso l’investitore entra nel merito del processo di selezione, con una consapevolezza tutta nuova, permeata da un senso etico certamente più presente del passato. Tanto che nei portafogli molti tendono a inserire più obiettivi legati ai criteri Esg, segno che siamo ben oltre la semplice strategia di esclusione”. Infine, diventerà importante avere delle categorizzazioni standard, oggi ancora carenti. “Ci vuole una base condivisa per uno sviluppo di lungo termine, ed è indubbio che per gli investitori aver una qualità dei dati elevata permette, attraverso gli standard, di avere una cornice ben definita della reportistica Esg delle aziende, quotate e non, che sono oggetto di acquisizione nei panieri dei fondi dedicati e più in generale del processo di investimento anche da parte di family office e venture capital. Accessibilità dell’informazione, chiarezza e facilità di comprensione sono tutti argomenti a favore di questo processo di sviluppo in corso della filiera dei prodotti finanziari che si riflettono nei criteri Esg”.
Claudia Segre Presidente Global Thinking Foundation
Il Coronavirus ha rafforzato i prodotti Esg
La pandemia ha spinto le aziende ad allinearsi a principi di sostenibilità non auto-delineati, un passaggio storico che porta ad una visione sistemica e a diversi piani gestionali e culture aziendali
Il Coronavirus ha aumentato la voglia di sostenibilità delle aziende del Paese. “Non è un caso che abbiamo rivisto la prospettiva di sostenibilità dell’Italia da negativa a positiva, perché il Paese ha dimostrato una capacità di reazione immediata alla pandemia”, dice a Citywire Jacopo Schettini Gherardini, economista e direttore di Standard Ethics, agenzia di rating di sostenibilità che si rivolge alle aziende - e non agli investitori - e applica un approccio unico nel suo genere e molto simile a quello delle grandi agenzie di rating tradizionali S&P, Moody’s e Fitch. L’Italia ha un rating di EE+, due gradini sotto il massimo, il che indica una forte compliance alle norme di sostenibilità di Ocse, Oms e Ue. Su di esse si basano i giudizi di Standard Ethics: “da un punto di vista metodologico distinguiamo la responsabilità dalla sostenibilità, che è una nozione globale e generale la cui definizione non spetta alle imprese, ma alle istituzioni sovranazionali. Questo ci consente di far riferimento a parametri oggettivi e di poterci dotare di un algoritmo che consente di valutare tutti gli emittenti in maniera comparabile”. Dal punto di vista del modello di attività, l’agenzia ha introdotto l'Applicant-Pay model, “per cui il servizio viene svolto per le imprese richiedenti il rating e non per gli investitori sotto forma di consulenza d'investimento. Ci siamo autoregolati sul modello delle agenzie di merito creditizio perché non esistono regole al riguardo. Il nostro punto di vista è quello delle aziende, che sono i nostri clienti”.
Abbiamo avuto la sensazione che questo dramma potesse rappresentare l’occasione per rivedere processi produttivi e unire il Paese di fronte a una sfida comune, avevamo bisogno di ritrovare coesione
Dunque, che effetto ha avuto il Coronavirus sulla sostenibilità complessiva? “L’Italia ha adottato immediatamente i presidi consigliati dall’Oms, ha dimostrato una messa a terra di procedure e politiche, come il distanziamento sociale, molto coraggiose e abbiamo avuto la sensazione che questo dramma potesse rappresentare l’occasione per rivedere processi produttivi e unire il Paese di fronte a una sfida comune, avevamo bisogno di ritrovare coesione. Abbiamo rivisto la nostra valutazione in positivo per questo”, dice Schettini Gherardini, che evidenzia come anche l’approccio delle aziende verso la sostenibilità abbia subito un’accelerazione per effetto della pandemia. “È un processo più evidente nelle aziende che negli investitori ed equivale a passare da un’idea in cui un soggetto stabilisce autonomamente i propri obiettivi in termini di impegno ambientale e sociale, a una in cui si allinea alle sfide globali, mirando ai target indicati dalle istituzioni sovranazionali. L’acronimo Esg viene letto in modo diverso: non sono io a stabilire cosa voglio fare di Esg, ma divento sostenibile, ovvero faccio quello che mi viene consigliato a livello sistemico per raggiungere obiettivi planetari a beneficio anche delle generazioni future. È un passaggio storico in cui le aziende assumono una visione sistemica”. In termini pratici, da marzo è stato evidente che molte cose che appartengono al linguaggio della sostenibilità fossero realmente centrali per la business continuity. “Per esempio, quando, prima di marzo, analizzavamo le aziende per misurare quanto fossero allineate sulla gestione delle crisi, emergeva che temi come lo smart working, la gestione da remoto degli organi apicali, cda e assemblea, ma anche l’intercambiabilità delle funzioni aziendali o la dematerializzazione fossero poco comprensibili, seppure inseriti dentro le richieste Ocse. Con la pandemia, tutti questi fattori sono emersi nella loro strategicità. A dimostrazione che la moda è una cosa e può essere fuorviante, la realtà è un’altra e non è detto che un singolo, azienda o investitore, sappia fotografarla correttamente. Per queste ragioni, al netto della tragedia umana attuale, la pandemia è una grande opportunità per il Paese, perché accelera cambiamenti strutturali che altrimenti sarebbero rimasti sullo sfondo. La normalizzazione dello smart woking in un Paese stretto e lungo come il nostro rende possibile per le giovani risorse lavorare da dove vogliono e per l’azienda accedere ad esse in maniera più facile”. Ovviamente questo implica un modello gestionale diverso e un cambiamento della cultura aziendale con rapporti meno gerarchizzati. In Italia ci sono settori che spiccano per sostenibilità: le utility, ma anche le banche, il cui modello “è molto migliorato a partire dalla crisi del 2008, soprattutto sul fronte della governance. Al contrario, ci sono altri settori che stentano a fare il grande salto e mi riferisco in particolare a quelli industriali, fatti da Pmi ancora troppo legate al modello del capitalismo familiare”, conclude l’economista..
Jacopo Schettini Gherardini Economista e direttore di Standard Ethics
Quanto pesa la G di Governance
Nell’attuale contesto di instabilità scopriamo come la governance assuma un ruolo centrale: una responsabilità a monte dei pilastri enviromental e social che costruiscono gli Esg
Per affrontare la crisi che ha colpito così duramente le nostre società e le nostre economie servono politiche e misure innovative e di vasta portata, un intervento pubblico, di carattere nazionale ed europeo, di dimensioni mai viste prima e un impegno straordinario dei cittadini e delle imprese. L’economia deve perseguire una trasformazione verso nuovi modelli sostenibili in cui gli interessi delle persone, del pianeta e i profitti devono convergere.
La governance è il requisito o, meglio, il pre-requisito per la definizione delle strategie in tema di sostenibilità
L’attuale contesto economico, politico ed ambientale è caratterizzato da rischi in forte evoluzione - instabilità geopolitica, cambiamenti climatici, innovazione tecnologica e rischi emergenti, come quello attuale di Covid-19 - che influenzano in modo decisivo le decisioni strategiche delle aziende. Un contesto in cui l’elemento governance (forse il meno mediatico dell’acronimo Esg) assume una decisiva rilevanza. E già secondo la private banker Patrizia Giangualano, indipendent director, consulente di primarie società, nonché membro del Consiglio direttivo di Nedcommunity, (l’associazione degli amministratori indipendenti), la governance è il requisito o, meglio, “il pre-requisito per la definizione delle strategie in tema di sostenibilità. Investire in aziende sostenibili significa valutare il Cda, l’azionariato, l’etica, il loro assetto organizzativo, le modalità di remunerazione, le pratiche commerciali e i rischi a cui tali aziende sono sottoposte. Si tratta di uno strumento molto importante per migliorare la gestione dell’impresa al fine di creare valore per gli azionisti tutelando tutti gli stakeholder”. Oggi la governance aziendale non può non interrogarsi sulla tenuta dell’economia nel lungo periodo e probabilmente dovrà essere in grado di combinare una capacità di resilienza con un approccio proattivo alla trasformazione del business. “Come riportato anche dall’Alleanza per lo Sviluppo Sostenibile nel rapporto ‘Politiche per fronteggiare la crisi da Covid-19’ sarà sempre più necessaria una capacità di ‘rimbalzare avanti’, ovvero pensare in termini di politiche e strategie aziendali che ‘prevengono’, che ‘preparano’, che ‘proteggono’, che ‘promuovono’ e che ‘trasformano’ – spiega Giangualano - Chi determina le strategie aziendali dovrà dare prova di essere in grado di superare questa crisi epocale e uscirne più forte e meno vulnerabile ai futuri shock, non sottovalutando l’impatto della crisi climatica (che molto sembra sia stata la causa dell’attuale situazione di pandemia) e la scelta di uno sviluppo sostenibile, verso il quale già molte aziende si stavano orientando. In questo percorso il ruolo del board è fondamentale per coniugare il meglio dell’imprenditorialità fatta di intuizione e capacità di affrontare il rischio e le competenze manageriali necessarie per rivedere i modelli di business, gli assetti organizzativi, attrarre le migliori risorse e soprattutto utilizzare come driver del cambiamento la tecnologia”. Un quadro così complesso caratterizzato da notevoli rischi, eterogenei e impattanti, compresi quelli di trasformazione, richiede un vero e proprio cambio di paradigma: “In questo contesto, la governance (board, i suoi comitati) assume un ruolo centrale nel definire le giuste aspettative nei confronti del management e delle funzioni di controllo, e nel favorire una diffusione efficace e capillare delle scelte aziendali dal punto di vista delle nuove perseguibili opportunità di business. In un mondo dove l’incertezza è diventata la normalità, l’analisi sistematica di scenari alternativi e la definizione di piani di contingency permetterà alle aziende di proteggere il proprio business e conseguire in maniera più efficace e realistica i propri obiettivi strategici, in un’ottica di ‘successo sostenibile’. Un compito fondamentale della governance è quindi quello di sapere condurre analisi di scenario utili, in grado di quantificare rapidamente l'impatto sulle metriche aziendali garantendo trasparenza su metodologie e strumenti utilizzati per le valutazioni”. Infine, occorre anche aggiungere l’importanza della “disclosure” delle scelte effettuate, e in particolare “l’opportunità di rendere periodicamente pubbliche le informazioni che riguardano temi sociali, ambientali, le risorse umane, il rispetto dei diritti umani e la lotta alla corruzione. Tali rendicontazioni sviluppano un'importante funzione di trasparenza informativa nei confronti degli stakeholder, ma soprattutto permettono alla governance di fare un deciso passo in avanti in termini di responsabilità, visione di lungo periodo, controllo e sviluppo delle competenze necessarie al cambiamento”
Patrizia Giangualano, consigliere indipendente Nedcommunity