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NUMERO 7
private banker, non venditori
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EDITORIALE
GIANLUCA BALDINI Direttore responsabile Citywire Private Banker
Nel private non ci si annoia mai
Forse è ancora presto per trarre le giuste conclusioni, ma l’arrivo della MiFID 2 in Italia non si sta facendo sentire eccessivamente sui bilanci delle maggiori private bank italiane. Dando uno sguardo alle più grosse realtà del settore, si nota subito che le semestrali diffuse finora mostrano delle aziende in crescita. Verrebbe da dire che, tra una difficoltà e l’altra, il mercato abbia superato da vincente gli ostacoli offerti dalla norma sulla trasparenza voluta dall’Ue. Secondo molti esperti, i connotati del mercato dell’intermediazione avrebbe potuto cambiare. Ma, almeno finora, la rivoluzione annunciata dai più non si è vista, anche se sicuramente c’è stata una compressione dei margini. In realtà, però, questo è un problema per il mondo della consulenza: il private banking non sembra averne risentito. Anzi, si tratta di uno dei settori dell’intermediazione più in espansione. Bisogna vedere poi cosa succederà con la fine del Quantitative Easing: certi investitori – non solo quelli private – potrebbero risentire non poco degli effetti della fine degli aiuti da parte della Bce. Ma ci sarà da attendere un po’ prima di avere dei riscontri definitivi. Di certo vi è che, ultimamente, tra una nuova norma e l’altra, nel private non si dormono sonni troppo tranquilli.
COMMUNITY : IL PUNTO DEI PRIVATE
ANTONGIULIO STANISCIA
Private insurance, polizze vita, unit linked e multiramo. Con quali strumenti assicurativi approcciare gli specifici bisogni della clientela sfruttando tutti i vantaggi legali e fiscali a disposizione dei consulenti? Tre professionisti del settore dicono la loro sulla pianificazione degli asset patrimoniali
La gestione del risparmio, oggi, può avvalersi di strumenti che possiamo definire di alta ingegneria legale, tributaria e finanziaria e che addirittura superano i confini nazionali in termini di normativa le polizze estere, per esempio si adeguano alle mutevoli e molteplici esigenze di una clientela sempre più evoluta. L’utilizzo efficace di tali strumenti, quindi, diventa difficile perché ogni tipologia di prodotto assicurativo offre delle peculiarità che si adattano bene ad alcune fattispecie e meno bene ad altre. Per ben districarsi, e quindi sfruttare i vantaggi legati a questi prodotti, il consiglio di un consulente patrimoniale diventa il punto di partenza. Serve valutare l’età, il livello di reddito, la stabilità del posto di lavoro e altre variabili non meno importanti che possono fare la differenza nell’erogazione di un buon servizio. Le modalità con cui i consulenti fanno queste valutazioni sono molteplici; esiste, tuttavia, sempre un punto di partenza, ovvero una corretta redazione della mappa dei bisogni del cliente. E non è un’attività semplice, in quanto presuppone una buona capacità del consulente di esercitare l’ascolto liberandosi dal pregiudizio per poter valutare con oggettività le necessità del cliente. Le specificità sono tantissime: figli unilaterali piuttosto che bilaterali, convivenze, separazioni, società, partecipazioni e rapporti familiari non sempre idilliaci. A oggi, purtroppo, non esiste una metodologia formalizzata per la valutazione anamnestica della situazione del cliente e non esiste, tantomeno, una standardizzazione per la valutazione degli strumenti finanziari e assicurativi e quindi la preparazione e la leadership del consulente diventano ancora una volta cruciali al fine di permettere un efficiente passaggio generazionale e, ancor di più, per la sopravvivenza delle aziende che impattano certamente sul patrimonio dell’imprenditore, ma ancor di più sulle famiglie dei suoi dipendenti.
FILIPPO ADESSI Fideuram Ispb - Bari
Negli ultimi anni i mercati finanziari hanno dovuto fare i conti con tassi di interesse negativi, tensioni geopolitiche e volatilità, tutte incognite che hanno contribuito a cambiare l’approccio agli investimenti da parte di famiglie e risparmiatori. Questo mutamento di contesto ha premiato i consulenti e private banker che più degli altri hanno saputo intercettare un nuovo tipo di domanda e fornire risposte sviluppate su misura affiancando agli strumenti finanziari tradizionali, una consulenza in grado di cogliere le esigenze legate alla protezione del patrimonio e alla pianificazione successoria. In questo contesto, le polizze vita rispondono a una duplice esigenza completando l’investimento finanziario con componenti assicurative e previdenziali che garantiscono sia protezione e tutela del patrimonio che benefici fiscali. Sempre in tema di tutela del patrimonio, le polizze multiramo offrono il vantaggio di combinare le coperture assicurative proprie delle polizze di ramo I, destinando una parte del capitale in una gestione separata con la componente finanziaria di ramo III, costruita con un portafoglio personalizzato e diversificato di strumenti finanziari. Inoltre, l’innovazione di prodotto ha dato la possibilità di coprire parte del rischio finanziario utilizzando nuove tecniche assicurative sofisticate. Per quanto riguarda, invece, i benefici fiscali, l’utilizzo della soluzione vita e di private insurance consente di effettuare in modo efficiente il trasferimento della ricchezza agli eredi, anche al di fuori dell’asse ereditario, e gestire situazioni familiari complesse beneficiando dei vantaggi fiscali sulle imposte di successione.
GIULIANA RAPETTA Banca Generali - Ancona
Le polizze assicurative rappresentano un’interessante opportunità di investimento, in quanto possono essere facilmente combinate con altri strumenti di pianificazione, quali l’intestazione fiduciaria, il trust, ecc. Questi strumenti sono necessari per raggiungere molteplici finalità di pianificazione finanziaria e patrimoniale, riuscendo così a ottenere soluzioni su misura che risultino essere il più possibile vicine alle varie esigenze dei singoli individui. Per tale motivo, è utile supportare il cliente nel processo decisionale di investimento e questo è tanto più utile quanto più il banker ha la possibilità di: disporre di soluzioni di investimento efficienti, in grado di puntare a ottenere rendimenti maggiori dell’inflazione; definire una proposta coerente, utilizzando i prodotti più adatti alle varie esigenze (gestioni separate, multiramo, unit), enfatizzando gli aspetti finanziari, fiscali, legali e successori, oltre a dare una visione globale dell’investimento; abbinare e orientare la proposta in base agli obiettivi d’Investimento del cliente e al suo ciclo di vita; tenere conto delle novità normative introdotte recentemente da MIFID 2, che consentono di ottenere l’”asset mix” ideale per quanto riguarda l’allocazione del patrimonio, la sua protezione e per pianificarne la trasmissione. Attraverso questi strumenti, pertanto, è possibile anche svolgere una funzione “educativa” nei confronti del cliente, aumentandone il grado di consapevolezza dei rischi che corre senza un’adeguata allocazione orientata alla tutela e protezione del patrimonio, soprattutto al termine del ciclo produttivo e lavorativo. Nella necessità di pianificare il passaggio generazionale la sottoscrizione di una polizza vita costituisce la via più semplice e meno costosa per tutelare il patrimonio. Per i detentori di patrimoni più consistenti (non meno di 500mila euro, ma la convenienza va esaminata caso per caso in base ai costi) è possibile inoltre valutare la convenienza del private insurance, vale a dire la costruzione di polizze vita ad hoc che consentono di fornire soluzioni pensate su misura per le esigenze dei clienti. Non possiamo inoltre dimenticare strumenti specifici, come il trust e il mandato fiduciario. Anche in questo caso, le polizze possono essere utilizzate in abbinamento a queste soluzioni, generando effetti diversi sia per il contraente che per i beneficiari finali, sempre alla ricerca della tutela del patrimonio da destinare a chi si è individuato come beneficiario effettivo delle proprie volontà.
VINCENZO MAROTTA MPS - Udine
COMMUNITY : Portafogli e Mercati
ANTONGIULIO STANIsCIA
In questo clima di guerre commerciali e tensioni politiche, l’atmosfera che si respira con i clienti è di apprensione. Tre professionisti del settore spiegano gli aspetti sui quali concentrarsi per gestire al meglio tutte le preoccupazioni, anche visti gli esiti incerti della situazione politica del nostro Paese.
MARCO LA MONICA UBI Banca - Bergamo
È in corso un processo di stretta monetaria relativamente modesta, ma abbiamo già assistito a notevoli tensioni: a febbraio, i dati sull’inflazione superiori alle attese hanno indotto a pensare che i tassi negli Usa sarebbero aumentati più velocemente del previsto; le pressioni protezionistiche tra le maggiori economie hanno sollevato il timore di una vera disputa commerciale; è riemerso il rischio politico nell’eurozona a seguito dei timori di calo del gettito fiscale in Italia. Nonostante questo lo scenario macro si conferma in una fase di espansione globale sincronizzata, ma la crescita non è omogenea. Se negli Stati Uniti le aziende beneficiano di una politica fiscale espansiva, in Europa il ciclo potrebbe aver raggiunto il suo picco, mentre la Cina sembra rallentare in modo sostenibile. Consiglierei maggior prudenza, in particolare sui bond, dove è bene svincolarsi dai benchmark. In merito alla componente azionaria, invece, manterrei un atteggiamento neutrale. In questo contesto, l’inserimento in portafoglio di strumenti decorrelati e strategie flessibili a discapito di quelle direzionali permette un’efficace gestione del rischio. Una considerazione per quanto concerne i paesi emergenti: nonostante la pressione generata dall’aumento dei tassi americani e dall’inversione di rotta del biglietto verde, il potenziale a medio termine dovrebbe restare favorevole. Reputo necessario porre la massima attenzione nel definire correttamente gli obiettivi di investimento con i clienti. La costruzione di un portafoglio estremamente diversificato, in linea con le aspettative di medio lungo periodo, è il veicolo migliore per non inciampare nelle trappole della finanza comportamentale e governare l’emotività a seguito di eventi geopolitici che coinvolgono singole aree o asset class.
Sin dall’inizio della mia carriera nel private, ho concentrato la mia attenzione su due elementi: il servizio di educazione finanziaria e la diversificazione degli investimenti. Durante lo scorso anno, mi sono ritrovato spesso con i clienti a discutere di un possibile ritorno della volatilità sui mercati, definendolo come un passaggio obbligatorio nel processo evolutivo del ciclo economico globale nel quale ci troviamo. Perciò, gli eventi di questo primo semestre non ci hanno stupito ma anzi, si sono rivelati motivo di riflessione su possibili nuove opportunità da cogliere sui mercati generalmente sovrapprezzati. Le varie strategie di investimento sono state adattate al nuovo scenario, forti della diversificazione tra gli assets che ci permette di attendere e valutare con attenzione ulteriori sviluppi. Direi, quindi, che si tratta di un’atmosfera positiva; siamo soddisfatti della raccolta effettuata nell’anno concluso e neutrali nei confronti dell’attuale incertezza. In linea con questo sentimento, il processo di gestione delle asset allocation in questa fase è dedicato all’identificazione e analisi di elementi del mercato strutturalmente diversificati che possano offrire opportunità di investimento attive. Le tensioni politiche del nostro Paese hanno colpito finora in maniera marginale i portafogli che gestisco, ma il posizionamento rimane cauto nonostante i numerosi indicatori positivi per l’Italia e le favorevoli aspettative per il panorama europeo. In base ai progetti finanziari concordati con i clienti, sto considerando diversi mix di fonti di performance. In preparazione per la seconda parte di questo movimentato 2018, il possibile inserimento di nuovi elementi si sta rivelando un esercizio di gestione dinamica da valutare con attenzione, dovendo considerare numerosi fattori, dalla strategia adottata dai gestori esterni in prospettiva futura alla cost effectiveness della redistribuzione di valore all’interno del portafoglio.
CRISTIANO RIGHI Sanpaolo Invest - Roma
In questo contesto di mercato così turbolento, è opportuno essere maggiormente vicino al cliente. Educare il cliente per aiutarlo a comprendere meglio le dinamiche del mercato e soprattutto su quali strumenti investire, è, in questa fase, necessario come non mai. Dopo anni senza volatilità e con buoni rendimenti, il cliente va accompagnato in un contesto maggiormente critico. Ho condiviso da tempo con i clienti il fatto che le obbligazioni potrebbero soffrire molto con il rialzo dei tassi. La volatilità che abbiamo visto quest’anno sul mercato obbligazionario, con l’andamento irregolare dello spread, non ci ha colti impreparati. Abbiamo modificato l’allocazione del portafoglio con l’inserimento di strumenti flessibili oppure con short duration, a seconda che si volesse o meno aumentare il rischio. Dopo aver mostrato al cliente la volatilità del portafoglio totale nei momenti di stress di mercato – con il massimo drawdown che potrebbe ottenere – la reazione che si ottiene, di solito, è di rasserenamento: ora è pronto a cogliere le opportunità che il mercato ci offre. Il mio primo obiettivo è sempre stato di sbagliare il meno possibile: con il portafoglio integro, il cliente non ha paura in momenti di tensione del mercato e capisce che il momento di entrata non è nell’euforia globale ma nel pessimismo totale. Oggi più che mai il mio approccio sta convergendo verso soluzioni di investimento Pac (piani di accumulo), in particolare nei settori robotica e digitale, temi attuali che ci accompagneranno nel prossimo futuro spostando gli obiettivi a lungo termine.
MASSIMO NICOLETTI Banca Generali - Padova
Non prodotti, ma soluzioni su misura
GIANLUCA BALDINI
COMMUNITY : In vetrina
Per Alberto Rocchi, area manager toscana del private banking di Mps, l’offerta di servizi integrati di advisory e la costante formazione e specializzazione dei banker sono la chiave di un servizio sempre moderno
Offrire un servizio private significa andare oltre l’analisi del patrimonio finanziario, riuscendo a utilizzare la tecnologia per aiutare il lavoro del banker e venire incontro al meglio alle esigenze del cliente. Ormai per i professionisti dell’advisory come Alberto Rocchi, area manager toscana del private banking di Mps, si tratta solo di etichette. Come ha iniziato a svolgere il ruolo di private banker? Si è trattato di un naturale passaggio dal ruolo di responsabile dell’ufficio titoli nel 1997 a gestore della relazione dei più importanti clienti con i quali operavo. Questo ha comportato anche scelte forti che mi hanno portato a cambiare istituto e quindi a scegliere Banca Mps, per andare a investire il mio futuro su questo nuovo business. Il mercato italiano, secondo lei, è pronto per la MiFID 2? Lo scenario finanziario e l’evoluzione normativa degli ultimi anni rendono il mercato italiano particolarmente complesso. I nuovi obblighi a tutela degli investitori rappresentano, per le banche, le reti di consulenza finanziaria e le società di gestione, un’importante opportunità. Sul mercato assisteremo a una crescente attenzione alla qualità a vantaggio degli asset manager che saranno in grado di fornire valore aggiunto al cliente. Le nuove norme hanno un impatto sul modello di business e stimolano gli operatori a un costante miglioramento nella qualità e nella trasparenza dei servizi offerti al cliente. Penso che le principali banche siano già ben strutturate per affrontare questo cambiamento. Nutro alcuni dubbi, invece, nei confronti di alcuni istituti di credito di piccole dimensioni e molte reti di promozioni finanziaria.
Cosa è oggi, per lei, il private banking? Con l’evoluzione dei bisogni della clientela nel mondo del private banking attuale non è più sufficiente la gestione del portafoglio mobiliare, che non riesce a soddisfare a pieno le nuove esigenze della clientela; la soglia di portafoglio è importante ma non determinante. Spesso i clienti con portafogli di importo elevato non necessitano di consulenza diversa rispetto a quella con portafogli minori. Credo fermamente che, per poter rimanere vicino al cliente, dobbiamo fare un grande sforzo per accompagnare lui e la sua famiglia verso una consulenza che spazi in vari ambiti: dall’analisi del portafoglio nel suo complesso (mobiliare, immobiliare, opere d’arte, ecc.), alla pianificazione successoria, fino alla consulenza per scelta per l’università per i figli, avvalendosi nei casi più complessi anche di competenze esterne alla banca. In sintesi, mettiamo in campo tutta nostra professionalità e competenza per rendere più agevoli le scelte importanti che il cliente farà per sé e per i propri cari. Quali sono le sfide future del private banking? Il cliente non ha bisogno di prodotti ma di soluzioni (finanziarie e non) che siano fatte su misura. E per poter offrire un servizio sempre migliore è necessario continuare a investire su alcuni fattori fondamentali, quali l’offerta di servizi integrati di advisory e la costante formazione e specializzazione dei banker. Inoltre, dal trasferimento generazionale dei patrimoni scaturisce l’opportunità di entrare in relazione con nuovi tipi di investitori, rappresentati, ad esempio, dai millennial, profilo di clientela che si aspetta servizi intuitivi e personalizzati per i quali è necessario mettere in campo importanti investimenti tecnologici. Chi riuscirà a coniugare al meglio questi fattori e soddisfare il cliente sarà vincente sulla concorrenza.
Qual è, quindi, il ruolo della tecnologia nel settore? L’evoluzione tecnologica rappresenta un’opportunità strategica imprescindibile, soprattutto perché sostiene e potenzia il fattore umano. Il modello organizzativo e di business sta evolvendo verso nuovi strumenti e processi a sostegno della relazione stessa e verso un’erogazione di servizi e informazioni a distanza. Evolvono le esigenze dei clienti e con esse non solo l’offerta dei servizi di private banking, ma anche le modalità con le quali i clienti accedono e usufruiscono degli stessi. Le innovazioni tecnologiche applicate al mondo della consulenza finanziaria sono ormai fondamentali per poter offrire alla clientela un servizio di qualità che passi attraverso la conoscenza reciproca. L’ascolto del cliente permette di creare un rapporto di fiducia che sia alla base delle individuazioni di soluzioni efficaci in un’ottica di advisory integrato.
Imprese a Oriente: un mix di tradizione e sviluppo
L’articolo è stato realizzato con il contributo Audrey Raj
Daniele Barzaghi
COMMUNITY : Il banker oltre confine
L’a.d. di Julius Baer Wealth Advisors (India) illustra l’evoluzione del private banking nel sub-continente
“L’India è un Paese di imprenditori con oltre 30 milioni di piccole e medie imprese. Storicamente questi imprenditori investivano la gran parte dei propri ricavi in asset fisici come immobiliare o metalli preziosi, destinando il resto a depositi bancari. Negli anni, però, le soluzioni di investimento finanziario globali si sono diffuse, a partire dalla clientela di milionari Hnwi o Uhnwi”. Ashish Gumashta, amministratore delegato di Julius Baer Wealth Advisors (India), ha descritto a Citywire i clienti indiani dai grandi portafogli come “un mix di prima e seconda generazione di imprenditori attivi nei comparti tradizionali e professionisti di società in rapido sviluppo del settore bancario o tecnologico”. “L’attività di private banking in India si basa sul lavoro dei relationship manager, che avvicinano i clienti o creano la relazione attraverso la presentazione di un contatto comune” spiega Gumashta. “E, in seguito, gli effetti si vedono: i clienti che beneficiano di consulenza private gestiscono la propria ricchezza in maniera più disciplinata, in termini di asset allocation, approccio di portafoglio e bilanciamento degli investimenti”, puntualizza, “anche se non mancano, tuttora, i clienti dagli ampi patrimoni che chiedono di impostare i propri investimenti seguendo l’attrattiva di singoli prodotti.
“Le tipologie di investimento private più comuni in India sono i fondi comuni di investimento (sia azionari che obbligazionari), le semplici azioni, gli schemi di gestione di portafogli equity, i depositi bancari e il tradizionale comparto immobiliare: è innegabile che la società indiana stia vivendo un processo di demonetizzazione fisica e che questa trasformazione stia dando slancio agli asset finanziari. “Il fintech legato a pagamenti, prestiti e gestione patrimoniale è in crescita, mentre stanno aumentando, ma sono ancora in fase embrionale, i prestiti peer-to-peer, le blockchain e le banche specializzate in pagamenti”, specifica il responsabile del private banking indiano del gruppo svizzero, aggiungendo che le piattaforme “sono costituite principalmente con tecnologia di origine indiana”, e che “sono costanti i contatti con le aziende fintech di Mumbai e Bangalore per aumentare il livello di utilizzo dei dati in nostro possesso”. “Per la nostra attività quotidiana e per i clienti con i quali ci confrontiamo è bene ribadire però che la gestione della ricchezza in India è ancora legata a vie tradizionali, con patrimoni che vengono ereditati soltanto al momento della scomparsa del proprietario e che vedono come beneficiario tradizionale il coniuge e, solo dopo la morte di questo, i figli”, illustra il manager di Julius Baer. “La successione è solitamente dedicata da un semplice testamento, con un maggior grado di precisione per quanti hanno figli piccoli o persone a carico o siano intestatari di attività di famiglia: è diffuso, ad esempio, l’uso di trust familiari per garantire che l’eredità sia tutelata sia dal punto di vista fiscale (diritti azionari) sia non fiscale (diritti di voto). E anche in quest’ambito il ruolo di un private banker può essere determinante: sono temi da proporre al cliente, perché raramente la richiesta arriverà da lui”. “Quest’anno, nello specifico, vista la buona performance dei mercati azionari indiani del 2017, il comparto equity nazionale continuerà ad attrarre capitali, ma in maniera più cauta e con aspettative di rendimento moderate”, attualizza Ashish Gumashta. “A seguito dell’aumento dei rendimenti in essere dalla seconda metà dell’anno scorso, comunque, l’investitore indiano è anche attratto dai fondi di investimento a reddito fisso e dalle obbligazioni esentasse, senza trascurare il crescente appetito per prodotti strutturati, fondi azionari long/short, strategie equity ibride o coperte (hedge), o l’obbligazionario strutturato. Così come è in aumento l’interesse per soluzioni al di fuori dell’India”.
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La situazione turca sta decisamente innervosendo i mercati, come dimostra il crollo della lira, per non parlare del ritorno dell’infausta parola ‘contagio’ sui titoli dei giornali. Qualsiasi analista può confermare che, soprattutto nella nostra era algoritmica, l’inerzia del momento tende ad autoalimentarsi: basta solo una piccola spinta per innescare un effetto domino. Ciò detto, è importante fare un passo indietro e allargare lo sguardo su un orizzonte più ampio. La situazione attuale deve essere monitorata attentamente, ma la Turchia non è il canarino nella miniera dei mercati emergenti: piuttosto, è un caso isolato motivato da condizioni preesistenti. In un certo senso stiamo parlando di un danno collaterale, trattandosi di un’economia con un debito in dollari USA nel settore corporate abbastanza alto, che ora sta sperimentando i postumi di una “sbornia” dopo un prolungato periodo di crescita economica spinto da politiche non convenzionali. LE CAUSE DELLA FRAGILTA' TURCA Nella percezione degli investitori, la Turchia è in una posizione vulnerabile già da qualche tempo, a causa del suo disavanzo delle partite correnti (che dipende da flussi di capitale molto volubili), delle turbolenti dinamiche politiche e delle pressioni inflazionistiche (con preoccupazioni crescenti riguardo l’indipendenza della banca centrale turca). In altre parole, il colpo basso dei dazi e delle sanzioni sta soltanto amplificando un nervosismo – in parte comprensibile – preesistente. Come alcuni osservatori hanno rilevato, la conseguente fuga dei capitali dai mercati potrebbe soltanto confondere il popolo turco sulle reali cause dei problemi economici del paese. Potrebbe infatti far ricadere la responsabilità della situazione attuale sugli investitori stranieri, invece che sulle politiche economiche dell’amministrazione Erdogan. PECHINO, NEL FRATTEMPO, CONTRATTACA La Cina è certamente una pedina molto più importante nello scenario attuale del commercio globale, essendo al centro delle ire di Washington. Il livello della tensione, nella retorica, cresce praticamente di giorno in giorno, ma è importante tener presente che gli USA comprano molto di più dalla Cina di quanto la Cina compri dagli USA. Pechino è tutt’altro che inerme, insomma. Né dovremmo dimenticarci, inoltre, che la Cina è oggi il maggior creditore straniero degli USA. Se non bastasse, Pechino ha anche avuto tempo per prepararsi a un’eventuale escalation della guerra commerciale, attraverso politiche che hanno rafforzato l’economia domestica e con la messa a punto di una strategia precisa – con dazi e altre misure – per ogni fase di una possibile guerra commerciale. Nel frattempo stiamo già vedendo – in particolare nel settore agricolo - gli effetti negativi del protezionismo di Washington sull’economia USA, sotto forma di minori vendite e profitti ridotti. Il Dipartimento dell’Agricoltura USA è corso ai ripari annunciando un pacchetto di sostegno per gli agricoltori americani pari a 12 miliardi di dollari, a quanto pare il più corposo mai offerto dal governo USA a seguito di una disputa commerciale. Ed è importante sottolineare che una parte di questo mercato si sta spostando verso altri lidi. I produttori di soia argentini e brasiliani, ad esempio, stanno vivendo una fase positiva grazie ai prezzi dei futures più alti e alle maggiori vendite in Cina. In effetti è probabile che queste tensioni commerciali avranno come esito un’accelerazione ulteriore del commercio interno tra paesi emergenti, così come un rafforzamento dei legami tra mercati emergenti e altri partner, Europa compresa. L’ambiziosissimo progetto cinese “Nuova Via della Seta” sta già garantendo maggior velocità e minori costi nei trasporti tra Cina ed Europa. RESTARE LUCIDI NEL MOMENTO ATTUALE È difficile prevedere il finale di questa saga commerciale, ma è probabile che, prima di far scoppiare una vera guerra commerciale, Trump si fermerà, magari dichiarando vittoria – almeno per la sua base elettorale – anche se non avrà raggiunto tutti i suoi obiettivi. In parte abbiamo forse già visto un’anticipazione di questo scenario dopo il meeting con Juncker a fine luglio. In ogni caso, gli investitori di lungo termine devono guardare oltre la confusione attuale. È lecito aspettarsi che la volatilità resterà alta nei prossimi mesi, ma per quanto ci riguarda probabilmente considereremo qualsiasi ribasso come un’opportunità di acquistare titoli nell’azionario emergente.
Meno finanza, più consulenza a 360°
Igor Pakovic
COMMUNITY : A TU PER TU
Leonardo Cervelli racconta a Citywire quali sono i progetti di Banca Sella nel campo della consulenza per grandi patrimoni e come si delineerà il futuro di chi vuole intraprendere la carriera di private banker
Quello del private banker è un mestiere in continua evoluzione. Ne è ben consapevole Leonardo Cervelli, responsabile del private banking di Banca Sella.
Secondo Cervelli, che lavora per il gruppo di Biella da più di vent’anni, è arrivato il momento di svecchiare competenze, abilità e conoscenze. L’industria della consulenza per grandi patrimoni si adegua ai cambiamenti macroeconomici, normativi e tecnologici, oltre ai trend demografici che stanno riplasmando il mercato. Da una parte si fa largo l’esigenza di un ruolo professionale più sensibile alla consulenza patrimoniale, dall’altra l’onda della digitalizzazione ha modificato le aspettative e le abitudini della clientela. In cima a ciò, aumenta il livello di trasparenza e qualità del servizio offerto. Di questo e degli obiettivi prefissati da Banca Sella per affrontare i cambiamenti che stanno rimodellando il mercato del private banking, Citywire Private Banker ne ha parlato con Cervelli. Qual è stato il suo background professionale? Ho una laurea in scienze politiche che mi ha consegnato una visione generale e integrata di economia, geopolitica e aspetti normativi. So di essere un’eccezione nel sistema, ma da allora ho seguito un percorso tutto interno al gruppo Sella dove lavoro da oltre vent’anni, avendo via via focalizzato la mia esperienza professionale nell’ambito dell’asset management, dove per circa dieci anni ho ricoperto ruoli in ambito di direzione all’interno della sgr del gruppo come direttore commerciale e vice Ceo, e nel mondo del private banking. Cosa si sente di consigliare ai giovani che vogliono intraprendere una carriera da private banker? In anni di esperienza di lavoro sempre legato alla relazione con la clientela su temi di consulenza nell’ambito degli investimenti, ho sempre ritenuto che la fiducia e l’etica siano asset fondamentali per poter registrare una crescita solida e sostenibile. Occorre ragionare per una creazione del valore aziendale che sia coniugata con la creazione di valore anche sull’asse del cliente: forse non nel breve, ma nel lungo periodo rimane aziendalmente una scelta vincente perché i clienti sanno distinguere tra un approccio di consulenza e un approccio di mera vendita. Per chi si avvicina alla professione, il consiglio è di ragionare prospetticamente sull’evoluzione del mestiere di private banker: meno concentrato sugli strumenti di finanza, più spazio alla consulenza fiscale, legale, corporate, maggiore preparazione sui temi del digitale e curiosità verso il mondo delle start up e del venture capital. Come vede il futuro del private banking tra cambiamenti normativi e tecnologici? Con l’entrata in vigore della MiFID 2 viene posta l’attenzione sulla trasparenza e sulla qualità della consulenza, rendendo più correlato il costo al servizio. È strategico accelerare sul processo di trasformazione dei banker da consulenti finanziari a veri registi sul patrimonio complessivo. Consulenza sulla protezione del patrimonio, pianificazione e successione del patrimonio familiare, analisi strategica sul patrimonio immobiliare, supporto nei passaggi generazionali di impresa e negli ambiti fiscale e legale; tutto questo diventa sempre più centrale nel servizio di private banking. Dall’altro lato, la forte spinta alla digitalizzazione porterà nuovi servizi più efficienti e a costi ancora minori, spingendo fuori dal mercato gli operatori che adottano modelli di servizio replicabili e automatizzabili. In definitiva, i game changer lavorano da fronti diversi ma nella stessa direzione: alzano entrambi l’asticella della qualità dei livelli di servizio resi. Quali sono i progetti in cantiere per il vostro gruppo? In linea con i fattori di cambiamento descritti, essendo un’unità divisionale di una banca commerciale attiva in tanti ambiti, lavoriamo a un posizionamento del nostro private banking che sia un fattore di sintesi di diversi servizi offerti nel gruppo Sella: oltre all’individuazione di nuovi servizi per una consulenza patrimoniale a 360 gradi, alla selezione di investimenti alternativi con particolare attenzione al tema del venture capital, del private equity e degli investimenti in start up per il tramite anche di club deal, lavoriamo a un private banking che sia in grado di parlare, tra gli altri, all’imprenditore e alla sua impresa tramite le componenti di corporate e investment banking presenti nel nostro gruppo. Miriamo a ciò per fornire anche un osservatorio privilegiato sul mondo dell’innovazione – ad esempio il fintech – e riuscire a cogliere opportunità di trasformazione anche per le aziende.
L’articolo è stato realizzato con il contributo di Steven Bell, Chief Economist di BMO Global Asset Management
Un’Europa a due velocità
INVESTMENT : Macroanalisi
A livello globale, la crescita economica rimane robusta ma vale la pena sottolineare che mentre il tasso di espansione è aumentato nel 2017 – dopo quattro anni deludenti – quest’anno le aspettative si sono attenuate. Il Purchasing Managers Index (Pmi), l’indice composito dell’attività manifatturiera per i Paesi chiave rimane sopra il 50 – indicando quindi una crescita – ma ci sono stati cambiamenti significativi da quando, l’anno scorso, l’Europa era al primo posto. In effetti la ripresa dell’economia europea è stato uno dei temi cardine del 2017, ma quest’anno le previsioni di crescita sono state riviste al ribasso. Il contesto si mantiene tuttavia positivo, con la crescita superiore alla media e la disoccupazione in calo. La Germania sta facendo bene, un segnale confortante anche per il resto dell’area euro. Suggerisce inoltre che i tassi possano finalmente crescere per il 2019. Per ora, il costo dei finanziamenti rimane contenuto e le piccole e medie imprese (importante fattore di crescita) sono in grado di accedere al capitale a un costo relativamente basso. È importante sottolineare che le istituzioni finanziarie sono ora disposte a concedere prestiti alle aziende, una situazione in netto contrasto con la posizione di alcuni anni fa.
La Brexit continua a dominare la scena politica nel Regno Unito, pesando sulle prospettive economiche del Paese e contribuendo a peggiorare l’indice Pmi. L’economia inglese è caratterizzata da un importante e crescente deficit del commercio di beni e da uno speculare surplus dei servizi. La maggior parte dei dibattiti riguardano il commercio e un accordo è necessario per alleviare i timori delle multinazionali, come ad esempio Nissan che investe molto nei centri di produzione basati nel Regno Unito. Dato il surplus dei servizi, le prospettive per questa parte di economia sono più significative e le società finanziare stanno già adottando modelli operativi post-Brexit. Ci saranno alcuni ostacoli e contrazioni per il settore finanziario, ma confrontando gli aspetti positivi offerti dal Regno Unito contro alcune delle sfide associate alla prospettiva di operare in Europa, è difficile credere che la posizione di Londra sia realmente minacciata. Un quadro simile emerge per i servizi non finanziari con sede nel Regno Unito - i cui clienti spesso provengono comunque dal di fuori dell’Unione Europea. Si tratta di un business consistente e su scala globale, quindi sarà sì affetto negativamente dalla Brexit ma senza invertire il trend – semplicemente il ritmo di crescita rallenterà. Ovviamente, bisogna riconoscere che la Brexit rende il Regno Unito meno attraente di quanto non fosse prima. Per quanto riguarda gli Stati uniti, i risultati delle trimestrali hanno superato le stime sugli utili e sul fatturato e la guidance è stata più positiva. Quindi, nonostante il contesto rimanga positivo, l’outlook è sicuramente più piatto dato che sarà molto difficile battere queste previsioni degli utili. Le condizioni dell’economia statunitense e l’andamento dell’inflazione hanno senza dubbio conseguenze al di fuori dei soli confini a stelle e strisce. L’inflazione è in crescita, dopo l’inaspettata debolezza del 2017. La normalizzazione del settore immobiliare e dei costi della sanità hanno contribuito alla crescita dell’inflazione, ma l’aumento dei salari e i prezzi delle importazioni hanno inciso maggiormente. L’insieme di questi fattori fanno sì che l’inflazione - utilizzando la misura prediletta dalla Fed, il deflatore di spesa dei consumatori (esclusi cibo ed energia) – si stia muovendo oltre l’obiettivo del 2%, che a sua volta significa una probabile continuazione del ciclo di inasprimento dei tassi.
L’aumento dell’inflazione e quindi dei tassi di interesse non sono buone notizie per i titoli governativi, di conseguenza siamo relativamente cauti sulle prospettive dei treasury americani. Inoltre, il supporto degli investitori stranieri di cui tradizionalmente godevano i treasury (metà del totale dei titoli di Stato Usa è in mani straniere, principalmente delle banche centrali) è diminuito. Altrove nel reddito fisso, le valutazioni non sembrano particolarmente convincenti. Le prospettive per l’azionario appaiono più luminose ma non eccezionali. La recente stagione delle trimestrali negli Stati Uniti è stata molto positiva, le aspettative erano elevate e gli investitori non sono rimasti delusi. Nonostante le recenti preoccupazioni politiche, le prospettive per le azioni europee continuano a essere incoraggianti: la forza dell’euro ha recentemente ostacolato la performance, ma il contesto economico è solido e vi è una maggiore possibilità di superare le aspettative sugli utili. Più in generale, abbiamo una preferenza per i mercati sviluppati rispetto ai Paesi emergenti. Le economie sono positive mentre la forza del dollaro, i più alti tassi di interesse e l’incertezza politica suggeriscono che i mercati emergenti saranno caratterizzati da una maggiore volatilità senza (in questa fase) rendimenti significativamente più elevati.
Crescita solida e ritorno della volatilità
massimiliano malandra
INVESTMENT : uno sguardo ai mercati
Listino per listino, diamo uno sguardo ai fattori che concorrono a delineare una congiuntura favorevole per i mercati, in cui una predilezione per le azioni può apportare benefici ai portafogli
Usa, Cina, Italia, Gran Bretagna (con Brexit), Turchia e Medio Oriente. I focolai di crisi in questo ultimo scorcio del 2018 non mancano di certo. E la volatilità, grande assente lo scorso anno, torna a farla prepotentemente da padrona. “Dopo un 2017 positivo, con livelli di volatilità relativamente bassi in molti mercati finanziari, la volatilità è ricomparsa nella prima metà del 2018”, conferma Rob Sharps, Head of Investments and Group Chief Investment Officer, T. Rowe Price. “Le valutazioni elevate della maggior parte delle asset class globali e un insieme di rischi economici e politici, inclusi la minaccia di protezionismo commerciale, segnalano la possibilità che la volatilità persista nella seconda metà dell’anno, il che potrebbe creare opportunità potenzialmente attraenti per gli investitori di lungo termine”. Per quanto riguarda la Cina, le sanzioni imposte ripetutamente dall’amministrazione Trump hanno portato da una parte a una forte discesa del mercato azionario cinese e dello yuan verso le altre monete, dall’altra stanno innescando una serie di “risposte” politiche ed economiche di cui non si vede per ora la fine, ma che potrebbero allargarsi anche a produzioni europee, impattando quindi anche sui mercati produttivi e finanziari dell’eurozona. L’Unione Europea sta già affrontando altri problemi, dalle spinte centrifughe di alcuni stati alle tensioni interne su questioni come immigrazione, politiche monetarie e Brexit, per finire con le inquietudini sulla prossima legge finanziaria italiana del governo Lega-5stelle. “Dopo il primo semestre, la storia della crescita globale si sta un po’ deteriorando”, aggiunge Dave Lafferty, chief market strategist di Natixis Im. “Nonostante il Pil reale globale per il 2018-2019 rimanga in un range accettabile del 3,5%-4%, iniziano a vedersi alcune crepe nella crescita globale sincronizzata. Sebbene i dati nell’eurozona rimangono nella fascia di “espansione”, il livello di attività è diminuito. Analogamente, dopo un sensibile miglioramento dalla seconda metà del 2016 al 2017, anche nel Regno Unito, in Giappone, in Cina e nei mercati emergenti più in generale, la crescita appare essere in una fase più discendente. Solo negli Stati Uniti i dati sono ancora in crescita. Con la maggior parte delle principali economie in anticipo sulla loro produzione potenziale a lungo termine, il ritmo della crescita avrebbe probabilmente subito un rallentamento. Tuttavia, la maggior parte degli analisti aveva previsto che ciò sarebbe accaduto nel 2019-2021 e non nel 2018. In sintesi, la crescita globale rimane solida e quindi sostenuta, ma non è né forte né sincronizzata come si pensava in precedenza”. L’andamento delle economie, ovviamente, è monitorato costantemente dalle banche centrali, che si trovano a dover decidere come e quando manovrare la leva della politica monetaria e - nel caso della Bce - anche quella delle manovre quantitative. Il Presidente della Fed Powell sembra più deciso nel processo di inasprimento della politica monetaria negli Stati Uniti rispetto al suo predecessore, agevolato dal fatto che l’economia Usa continua a “tirare”. In Europa, invece, anche se un rialzo dei tassi continua a essere un evento previsto per la metà del prossimo anno, la banca centrale ha per ora solo confermato di voler ridurre a zero gli acquisti degli asset entro la fine del 2018. E se per quanto riguarda la Bank of England buona parte degli analisti non si attende ulteriori rialzi per quest’anno, la Bank of Japan rimane invece ancora lontana da una normalizzazione dei tassi, tanto che sta ancora acquistando emissioni governative ed etf: insomma, il salutare inasprimento previsto dagli investitori è ora diventato un po’ meno salutare. “Al di là del rumore di fondo di origine geopolitica, la chiave di lettura, in termini di asset allocation, passa dai fondamentali economici. La Cina, gli Stati Uniti e l’Europa rappresentano insieme circa il 60% dell’economia globale. Negli Stati Uniti, l’economia beneficia delle politiche fiscali, della spesa per le infrastrutture e di un onere normativo ridotto. Questo, insieme a un mercato del lavoro ancora molto forte, dovrebbe continuare a sostenere l’economia fino al 2019. L’inflazione continuerà ad aumentare e i rendimenti saliranno, mentre i tassi europei rimarranno bassi più a lungo”, spiega Thomas Herbert, Head of portfolio management di Ethenea Independent Investors. Azionario Usa
“Nonostante le penalizzazioni subite da alcuni colossi del settore tecnologico, Facebook in primis, a livello geografico, il mercato azionario americano è stato quello che ha offerto le maggiori soddisfazioni”, spiegano da Anima Sgr. “Oltre a una stagione degli utili molto positiva, a sostenere Wall Street sono stati diversi fattori, primo fra tutti la solidità della crescita economica, figlia anche del supporto della riforma fiscale di Trump. In relativo, tuttavia, il giudizio sulla Borsa statunitense è ancora neutrale dal momento che all’orizzonte restano i rischi legati all’evoluzione dei dazi commerciali e al percorso di rialzo dei tassi avviato dalla Fed”. “Gli investitori hanno reagito alle trimestrali in modo relativamente indipendente rispetto al livello di sorpresa riportato in esse”, conferma Roberto Rossignoli, portfolio manager del centro studi di Moneyfarm. “I mercati non sembrano aver premiato con consistenza i settori che hanno presentato risultati migliori delle aspettative”. Questo però non significa che i mercati stiano ignorando i buoni risultati economici. Anzi. “Allargando la visione a orizzonti un po’ più lunghi, si osserva che da inizio anno, a sostenere i corsi azionari sono stati proprio gli utili e le conseguenti earning revision costantemente riviste al rialzo. Le valutazioni espresse come rapporto del prezzo sugli utili sono calate, riflettendo una sensibilità dei mercati rispetto ai numerosi orizzonti di criticità”, aggiunge Rossignolo. “Non è un caso che nelle aree geografiche dove la revisione al rialzo degli utili non si è verificata, come Europa e Paesi emergenti, i corsi azionari abbiano sofferto”. Sembra inoltre tornare interessante anche il settore delle mid e small cap a stelle e strisce. “Fino a sei mesi fa, le valutazioni molto più elevate rispetto alle medie storiche non rendevano interessante questo segmento azionario, ma oggi il quadro è migliorato e l’attuale valutazione di 18 volte gli utili non rappresenta più un ostacolo importante per l’asset class”, conferma Ryan Burgess, gestore del fondo T. Rowe Price US Smaller Companies Equity. “Le small e mid cap beneficeranno della recente riforma fiscale in misura maggiore rispetto alle large cap, e prevediamo che quest’anno la crescita degli utili si attesterà attorno al 30%. Ma anche senza considerare l’impatto dei tagli fiscali, il mercato è in grado di generare una crescita degli utili a due cifre”. Azionario Europa
L’equity europeo sconta da una parte il rallentamento dell’economia del vecchio continente e dall’altra le difficoltà dei Paesi. “L’euforia del mercato a luglio ci ha stupito, a fronte dell’irrigidimento commerciale tra Cina e Stati Uniti e di alcuni episodi negativi sia su operazioni di M&A sia sull’attesa redditività futura di alcuni giganti tecnologici”, interviene Filippo Lanza, gestore del fondo HI Numen Credit, Hedge Invest Sgr. “Da qui a fine anno ci aspettiamo un’inversione di marcia, anche alla luce della probabilità tangibile di inasprimento delle problematiche dell’eurozona, dove le valutazioni sono storicamente molto elevate. In calendario, infatti, ci attendono degli appuntamenti ben precisi, come la definizione della legge di bilancio in Italia tra settembre e ottobre e le elezioni europee a maggio 2019. Nei prossimi mesi ci aspettiamo un allargamento degli spread della periferia e forte tensione anche su european corporate spread, con movimenti molto forti”. “Siamo neutrali sull’azionario dell’eurozona, l’attività economica nella regione è rallentata ulteriormente, ma si mantiene solida”, aggiungono da Ubs. “In questo contesto, la Bce ha annunciato che il suo programma di acquisto titoli terminerà a dicembre, ma non ha fornito indicazioni circa la possibile conclusione della sua politica di tassi d’interesse negativi. L’indebolimento dell’euro ha in parte sostenuto le azioni, ma non mancano fattori negativi, come la decelerazione dell’economia, le incognite legate alle tensioni commerciali tra Ue e Stati Uniti e le incertezze sul fronte politico interno. I nostri settori preferiti sono energia, industriali e beni di consumo discrezionale”. Azionario Emergenti
Le vendite che hanno colpito in maggior misura l’azionario dei Paesi emergenti hanno ora reso le valutazioni di questi mercati decisamente interessanti. Sono stati infatti sotto pressione per parecchi mesi, in quanto un dollaro più forte, maggiori tassi d’interesse statunitensi e tensioni commerciali crescenti hanno gettato un’ombra sulle prospettive di utili. “I nostri calcoli indicano che le azioni emergenti sono attualmente scambiate con uno sconto pari a più del 20% rispetto alle omologhe dei Paesi sviluppati, rispetto allo sconto medio a cinque anni del 12%”, spiegano infatti da Pictet Am. “Questo è il tipo di valutazioni che potrebbe incoraggiare chi è a caccia di buone opportunità. In aggiunta, le società emergenti sono in buone condizioni, con una previsione di crescita degli utili stimata al 13% per il prossimo anno, superiore alla media degli ultimi cinque anni. Inoltre molte delle cattive notizie potrebbero essere già state scontate nelle valutazioni dopo vendite massicce, che hanno registrato deflussi fino a 9 miliardi di dollari dai fondi azionari emergenti da aprile, secondo le rilevazioni dell’Institute of International Finance”. Infine, l’apprezzamento del dollaro, che ha fatto innervosire gli investitori per via del suo potenziale impatto di far aumentare i costi di servizio del debito e di importazione per i mercati emergenti, potrebbe anche aver fatto il suo corso. “In base ai nostri calcoli, le valute emergenti sono attualmente sottovalutate di circa il 20% contro dollaro”, concludono da Pictet. “Prevediamo che le valute dei mercati emergenti si stabilizzeranno nel medio termine, soprattutto dato che le loro valutazioni sono le più attraenti nel panorama valutario”.
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Gestito da Clare Hart e Jonathan Simon, il fondo di Jp Morgan Us Value si attesta a metà classifica nel lungo termine (74esimo su 141 competitor sui dieci anni con un +185%), ma sconta le difficoltà degli ultimi anni dell’approccio value agli investimenti: a 12 mesi si piazza al 198esimo posto (su 221) con un +8,8%, anche se con una volatilità contenuta al 9,9% e una perdita massima del 6,5%. Sui tre anni, l’alpha è pari a -1,78 e il beta a 1,03 con uno Sharpe ratio di 0,64. A fine luglio il fondo era sovrappesato sui finanziari (31,3% del portafoglio), mentre le altre posizioni principali, a livello settoriale, erano su healthcare (11,1%) e consumi discrezionali (10,2%). Privilegiate le mega cap (un terzo del portafoglio è in titoli con market cap superiore ai 100 miliardi di dollari), mentre il 60,7% ha capitalizzazione compresa tra 10 e 100 miliardi e solo l’ultimo 5,7% sotto quota 10 miliardi.
Settore: Azionario Nord America /Azionario Usa Deflussi: -303,70 milioni di euro
JPM US Value
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Bassissima volatilità ma anche rendimenti ridotti. È la fotografia del fondo BBH Luxembourg Funds Core Select I che sui tre anni è al decimo posto (su 199 competitor) per deviazione standard (17,4%) ma anche 146esimo per total return (17,4% contro il 22,6% della media di settore). Guidato da Michael Keller, il fondo investe tipicamente in titoli con una market cap superiore ai 5 miliardi di dollari con sede legale in Nord America. Destinato a investitori istituzionali – la soglia minima d’accesso è di 100mila dollari – a metà agosto il fondo era investito per circa il 92,3% in azioni Usa (il restante 7,7% era liquidità): i principali settori in cui era allocato il portafoglio erano information technology (24,4%), finanziari (17,2%), healthcare (16,2%) e consumi (discrezionali al 13,2% e di base per l’11,1%). Con un approccio concentrato – i titoli in portafoglio sono una trentina –, Berkshire Hathaway rappresenta la posizione più rilevante (7,4%), poi Oracle (6,9%) e Alphabet (5,9%).
Settore: Azionario Nord America /Azionario Usa Deflussi: -374,66 milioni di euro
BBH Luxembourg Funds - Core Select I
I
Sui dieci anni la performance complessiva mantiene il fondo nel miglior 50% del comparto di riferimento (58esimo su 141 con un +198,3%), ma negli ultimi anni i risultati stentano, sia a tre anni (183esimo su 199 con un +9,9%) sia a 12 mesi (200esimo su 221 con un +8,5%). Guidato da Angel Agudo, il Fidelity Funds – America ha in gestione oltre 4,1 miliardi di dollari. Su un orizzonte temporale di tre anni, il fondo ha un alpha annualizzato pari a -6,44 e un beta di 1,07 con un information ratio pari a -1,42. A fine luglio il gestore era molto sovrappesato (rispetto al benchmark di riferimento) sui finanziari (che rappresentavano il 26,1% del portafoglio contro il 14,1% dell’indice), poi l’information technology (23,9%, solo leggermente sotto il benchmark) e l’healthcare (16,7% contro il 14,5% del benchmark). L’80,6% del portafoglio è investito in titoli con una market cap superiore ai 10 miliardi di dollari e la capitalizzazione media si attesta a 99,6 miliardi. Willis Tower Watson (5,2%), Berkshire Hathaway (5%) e Oracle (4,7%) erano le principali posizioni.
Settore: Azionario Nord America /Azionario Usa Deflussi: -1.318,59 milioni di euro
Fidelity Funds - America
Fondi azionari Usa: i migliori e i peggiori da inizio anno
INVESTMENT : Hot and Cold
Quasi 5 miliardi di dollari di masse gestite per questo fondo, guidato da Alexander Farman-Farmaian, nato a Tehran nel 1965, laureato a Princeton e in Edgewood Management dal 2006. Con rating Citywire AA, a dieci anni si colloca al 12esimo posto (su 137 fondi) con un +265% di rendimento totale e al terzo posto (su 173) a cinque anni (+160% il total return). La ricerca di titoli sottovalutati avviene quasi esclusivamente tra le big cap: a fine luglio oltre il 90% del portafoglio è investito in società con una capitalizzazione di mercato di oltre 40 miliardi e di almeno 125 miliardi per il 31,9% del portafoglio. Lo stile di gestione è molto concentrato: 22 i titoli su cui è investito con una market cap media di 210 miliardi di dollari e una crescita storica dei ricavi negli ultimi tre anni del 20% (contro il +4% medio dell’S&P500). Alphabet, Amazon, Booking Holding, Illumina e Visa i cinque titoli più “pesanti”.
Settore: Azionario Nord America /Azionario Usa Afflussi: 26,11 milioni di euro
Edgewood L Select US Select Growth
Entrato a far parte dell’azienda nel 2010, Aziz Hamzaogullari gestisce il fondo Us Growth Equity dal 2016. A 12 mesi (a giugno 2018) si classifica al 57esimo posto (su 217 fondi) per rendimento, con un +12,5%. A metà agosto 2018 la quota investita in azioni era superiore al 98,5% e di questa, facendo il breakdown per provenienza geografica, l’85% è Stati Uniti, il 7,8% Cina e il 2,7% Danimarca e Francia. Tecnologia (32,2% del portafoglio), servizi al consumo (21%), beni di consumo (13,2%) ed healthcare (11,8%) sono i settori più “pesanti” del fondo, mentre, a livello di singole azioni, Amazon (7,6%), Facebook (7%), Alibaba (6,5%), Visa (6,1%) e Oracle (4,5%) i titoli su cui il portafoglio è maggiormente investito. Il fondo investe primariamente in large cap statunitensi (o quotate negli Usa) con un approccio growth: il management punta cioè a enfatizzare titoli con vantaggi competitivi sostenibili e driver strutturali di crescita di lungo termine.
Settore: Azionario Nord America /Azionario Usa Afflussi: 676,07 milioni di euro
Loomis Sayles U.S. Growth Equity Fund
Un’economia più in salute delle attese, una Federal Reserve ancora accomodante e probabilità minime di una recessione nei prossimi due anni: tutti elementi che giocano a favore dell’azionario statunitense
Gestito da Frank Caruso, rating +, John Fogarty e Vinay Thapar, rating AAA, il fondo American Growth Portfolio si attesta al 25esimo posto (su 217 competitor) per performance a 12 mesi, ma se allarghiamo l’orizzonte temporale si posiziona al quarto posto (su 317 fondi) sui dieci anni con un +320,8% e al quinto posto sui cinque anni con un +151,2%. Con un patrimonio di quasi 3 miliardi di dollari di masse in gestione, il fondo di Alliance Bernstein può contare su un alpha (calcolato a cinque anni) di 0,84 e un beta di 0,95. Con una volatilità media del 10,135, lo Sharpe ratio del fondo è di 1,52. Guardando ai dati di fine luglio, tre comparti valgono circa il 75% del portafoglio: i tre gestori stanno puntando molto su IT (38,76%), healthcare (20,07%) e consumi discrezionali (17,72%). Alphabet (8,9% del portafoglio), Facebook (5,4%) e Visa (5,2%) sono le prime tre posizioni in termini di singoli titoli, mentre, più in generale, le prime dieci valgono il 45,9% del portafoglio.
Settore: Azionario Nord America /Azionario Usa Afflussi: 2.273,87 milioni di euro
AB SICAV I - American Growth Portfolio
L’azionario statunitense torna a essere un porto sicuro per i flussi di denaro degli investitori in azioni. O perlomeno più sicuro rispetto ad altre aree economiche e geografiche. Inoltre, la ritrovata forza del dollaro, soprattutto verso euro, rappresenta un altro atout per questi investimenti. Finora, infatti, Wall Street esce rafforzata dalle nuove forme di protezionismo e dalla guerra dei dazi scatenata dall’amministrazione Trump verso il resto del mondo (Asia in particolare, ma anche Europa e “vicini” canadesi e messicani). L’S&P500 si mantiene vicino ai massimi storici (e continua a “vedere la soglia dei 3.000 punti) e anche il Nasdaq, trainato dal comparto tecnologico e nonostante le disavventure di alcuni titoli (Facebook e Twitter, ad esempio) continua a flirtare con la soglia degli 8.000 punti. Un’economia più forte e più in salute delle attese (oltre 110 mesi di espansione), una Fed tutto sommato ancora abbastanza accomodante che potrebbe diventare aggressiva solamente su fiammate inflazionistiche e probabilità minime di una recessione nei prossimi 24 mesi: sono tutti elementi che, sul fronte macro, giocano a favore dell’azionario Usa. E Wall Street conferma: i risultati trimestrali delle società per il secondo quarter consecutivo hanno sorpreso ancora una volta gli operatori e, con una crescita media di oltre il 20%, si sono riavvicinati a quella già elevata raggiunta nel primo trimestre. Nella rassegna di questo trimestre ci siamo così focalizzati sui fondi azionari Us registrati per la vendita in Italia che negli ultimi sei mesi (fino a luglio 2018) hanno attirato maggiormente l’interesse degli investitori in tutto il mondo e quelli che hanno subito l’emorragia di flussi più pesante.
Banca Finnat, risultati in chiaroscuro nel primo semestre 2018
Banca Finnat (in foto l’a.d Arturo Nattino) ha chiuso il primo semestre con un utile netto consolidato di 2,387 milioni di euro, rispetto ai 11,9 milioni al 30 giugno 2017 sul quale aveva inciso la rilevante plusvalenza conseguita a seguito della vendita di titoli azionari classificati nel portafoglio AFS.
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Credit Suisse, nominati i responsabili delle 7 nuove aree del wealth management
Credit Suisse prosegue la riorganizzazione in sette aree (qui la notizia) del proprio wealth management globale.
Carlo Balzarini è il nuovo capo del wealth management di Allianz Bank FA
Carlo Balzarini fa carriera in Allianz Bank Financial Advisors e diventa head of wealth management and marketing. A dirlo, lo stesso manager sulla sua pagina di LinkedIn.
Il meglio di Citywire.it
EFG rinnova parte del management
il meglio di citywire
EFG International ha fatto incetta di professionisti da Vontobel e Julius Baer per ristrutturare la sua gestione in Europa e in Svizzera.
L’articolo è stato realizzato con il contributo di Audrey Raj
Per gestire la ricchezza serve fame
BUSINESS : All’altro capo del private
La brillante carriera della singaporiana Ong Yeng Fang, a.d. e responsabile private banking per United Overseas Bank, è segnata da traguardi importanti. Ecco come sceglie i suoi relationship manager
La singaporiana Ong Yeng Fang, amministratrice delegata e responsabile del private banking della United Overseas Bank, esemplifica il crescente ruolo delle donne nella gestione dei grandi portafogli asiatici, fino a pochi anni fa ambito quasi esclusivamente maschile. Con una carriera trentennale in società del calibro di Dbs Bank, Julius Baer e Merrill Lynch, ha seguito clienti private in tutti i Paesi asiatici, spaziando dal wealth management al corporate banking, non trascurando l’impegno sociale, con un incarico in ambito formativo affidatole direttamente dal ministero dell’Educazione di Singapore. “Nel mio percorso ho avuto la fortuna di avere capi favorevoli al tema della diversità negli organici”, ha spiegato a Citywire. “Lungo la mia carriera ricordo un solo caso in cui essere donna abbia rappresentato un problema. Quando mi laureai alla Nus (National University of Singapore, ndr) ero indecisa se entrare nell’industria bancaria o in qualche società tecnologica e alla fine scelsi il settore del risparmio perchè pensai mi avrebbe dato più soddisfazioni, potendo lavorare a contatto con diversi settori.
“Iniziai quindi in Dbs Bank, nel 1989, dove stetti per 17 anni fino a sovraintendere la divisione Prodotti di consumo all’interno della banca d’affari, curando i mandati delle multinazionali clienti in relazione a prestiti, emissioni a reddito fisso, opa e fusioni e acquisizioni; oltre che nella creazione di accordi di private equity e strutture di finanziamento mezzanine. Dopo nove mesi”, prosegue Ong, “mi offrirono la possibilità di lavorare all’estero, ricevendo prima l’incarico di gestire un grande portafoglio di prestiti sindacati in Thailandia e successivamente la proposta di lavorare in Giappone: ero emozionata e colsi subito l’occasione, finchè il general manager in Giappone disse che non voleva una donna nel team. “La delusione non durò a lungo, comunque” passa oltre la manager, “perchè mi mandarono a Bangkok per aprire la filiale locale della banca e sovraintendere quell’ufficio e quello di Rayong. Passai quattro anni e mezzo lì e finii con l’imparare il thailandese, che parlo tuttora. “Il grande cambiamento doveva attendere però il 2006 quando, dopo 17 anni, lasciai il corporate e investment banking per unirmi alla divisione private. Avendo girato negli anni precedenti l’Asia in lungo e in largo avevo visto con i miei occhi quanto stesse crescendo il tema della gestione patrimoniale. “Compresi come la mia conoscenza della regione, i forti contatti che avevo instaurato con i clienti e le competenze acquisite in ambito di investimenti potessero essere ottimi strumenti in quell’ambito. E passai in Julius Baer, col ruolo di caposquadra e clienti tra Brunei, Cina, Hong Kong, Indonesia, Singapore, Taiwan e Thailandia. Fino al 2009, quando mi nominarono vice capo mercato per Singapore. “Nel 2010 passai in Bank of America Merrill Lynch, coordinando un team di wealth manager con clienti in Indonesia, Filippine e Thailandia. Mi dispiacque abbandonare il rapporto diretto con i clienti ma, crescendo di ruolo, dovetti dire addio alla vita di relationship manager. Quando poi nel 2013 Julius Baer acquisì la divisione di wealth management internazionale di Merrill mi parve un ritorno al passato. “Fu allora che decisi il passaggio in United Overseas Bank, per la quale sviluppai globalmente il comparto private”, e la banca, dal suo ingresso, ha più che raddoppiato il numero di private banker a Singapore.
Lo scorso anno, il business della gestione patrimoniale di Uob - costituito da Privilege banking e dai due segmenti ad alto valore netto, Privilege reserve e Private bank - ha generato un aumento del 12% del patrimonio gestito, portando il totale a 10 miliardi di dollari singaporiani (6,25 miliardi di euro, ndr). Con un’accelerata nel 2017, grazie alla diffusione della gestione discrezionale di portafoglio. “Quattro anni fa, abbiamo deciso di rafforzare le nostre capacità di gestione patrimoniale investendo sulle nostre persone, piattaforme e prodotti”, spiega Ong. “Abbiamo coinvolto specialisti, tra cui un chief investment officer e un chief operating officer, e abbiamo iniziato a costruire la piattaforma di prodotti dedicati ai clienti private, in architettura aperta, ottenendo una crescita a doppia cifra dei ricavi nel confronto anno su anno. “Oggi siamo forti soprattutto a Singapore e in Malesia e puntiamo a crescere nella Cina continentale e a Hong Kong”, anticipa, “sto procedendo proprio in queste settimane a un piano di assunzioni: ricerco competenze e valori. I miei private banker devono gestire la ricchezza dei clienti con l’attenzione che dedicherebbero alla propria. Cerco persone che hanno fame ma, al contempo, dico loro di non stressare il processo di vendita. Un approccio troppo aggressivo sul lungo termine è sempre un problema. “Per questo ho cambiato la cadenza dei bonus prima da trimestrale a semestrale e, da quest’anno, ad annuale; valorizzando il conseguimento di target di performance rispetto a quelli legati alle masse. “Da quest’anno abbiamo un programma di tirocinio per i nostri giovani in aziende tecnologiche o start-up, con cui abbiamo accordi commerciali: tra queste c’è, ad esempio, OurCrowd, una piattaforma di crowdfunding azionario globale con uffici in tutto il mondo, inclusi Stati Uniti, Canada, Spagna, Regno Unito, Israele, Singapore e Australia. “Oppure The FinLab, un acceleratore di start-up fintech supportato da Uob e da SGInnovate, il fondo di venture capital supportato dallo Stato. Gli stagisti lavoreranno per trasformare le piccole e medie imprese con la tecnologia, mentre irrobustiscono le loro competenze commerciali e finanziarie. “Un programma simile lo stiamo organizzando per i figli dei nostri clienti. Non dimenticando mai però”, conclude, chiudendo l’album dei ricordi, “che i seminari finanziari non potranno mai sostituire le competenze apprese in una vita di lavoro quotidiano”.
Roberta Mozzachiodi
Successioni: come funziona la bussola fiscale
BUSINESS : Osservatorio legale
Come scontano le imposte di successione i vari strumenti finanziari? Risponde l’esperto Massimo Perini
L’apertura della successione è un momento cruciale: ogni posizione creditoria sconta le proprie regole fiscali che variano a seconda della natura del bene che si trasferisce per effetto dell’atto mortis causa. A ciò si aggiungono le donazioni fatte in vita che, pur essendo attratte nell’asse ereditario e contenute nel testo unico che regolamenta le successioni, seguono regole autonome. Citywire incontra Massimo Perini, avvocato in Venezia, responsabile didattica e consulenza in Patrimoney srl, che ci guida nell’ambito degli adempimenti fiscali dovuti e delle imposte di successione che scontano i vari strumenti finanziari.
Quale imposta di successione scontano il denaro liquido e il denaro depositato sul conto corrente? In relazione al denaro liquido – e anche i gioielli e mobilia –, il legislatore ha previsto una quantificazione a forfait, presumendone, ex lege, una quantità pari al 10% del patrimonio successorio al netto delle franchigie; questo può risultare favorevole ogni volta che il valore effettivo di tali beni supera il valore presunto. Diversamente, però, per l’ipotesi in cui il loro valore effettivo dovesse essere inferiore, viene data la possibilità al soggetto passivo di redigere un inventario con l’intervento del notaio o del cancelliere del tribunale così da evidenziare il valore effettivo sul quale calcolare l’imposta. Diverso è il discorso relativo alle somme di denaro depositate in conti correnti bancari. In questo caso, occorre fare una distinzione: se al momento del decesso del titolare del conto il saldo è attivo, lo stesso rappresenta un credito del defunto e, per tanto, è soggetto a imposta; qualora, invece, il saldo fosse passivo, rappresentando un debito del defunto, sarebbe detraibile dall’erede. Quali imposte si applicano, invece, ai titoli azionari, di stato ed equiparati? I titoli azionari concorrono a ogni effetto alla formazione della base imponibile successoria. Con riguardo alle azioni quotate in borsa o al mercato ristretto, occorre fare riferimento alla media dei prezzi degli ultimi tre mesi, maggiorata dei dietimi o degli interessi. I titoli del debito pubblico, invece, nonchè i corrispondenti titoli emessi dagli altri Stati appartenenti all’Unione europea, non rientrano tra quelli che concorrono a formare l’attivo ereditario e, quindi, non vanno a intaccare l’eventuale franchigia e non devono essere indicati in dichiarazione di successione. La stessa esenzione vale per i titoli equiparati ai titoli di Stato, ossia quelli assoggettati allo stesso trattamento fiscale di un titolo di Stato. Ne consegue che se all’interno di fondi d’investimento vi sono quote investite in titoli di stato o equiparati, occorrerà tener conto della loro quantificazione in percentuale, e la stessa risulterà esente. Va precisato che nonostante la disciplina fiscale di successioni e donazioni sia contenuta nello stesso Testo unico, l’esenzione prevista per il trasferimento di titoli di Stato o equiparati nei trasferimenti mortis causa non è prevista in caso di trasferimento tra vivi con donazione, nel qual caso si sconterà l’imposta di donazione.
Il recente dibattito sulla natura giuridica delle polizze unit linked ha lasciato immutata la disciplina fiscale? Le pronunce in questione – sulla natura assicurativa o meno delle unit linked – non hanno mai affrontato la questione fiscale, con particolare riguardo all’imposta di successione. A tal proposito, quindi, a oggi appare integro e pacifico il disposto di cui all’art. 12, lett. C) del Tus, il quale è chiaro nel disporre che le somme incassate dai beneficiari delle polizze per effetto della morte del sottoscrittore non costituiscono “beni ereditari”, in quanto non appartengono al de cuius ma vengono percepite dai beneficiari come un diritto proprio in base a un contratto stipulato da un terzo. Quali oneri fiscali spettano al legittimario leso che risulti vittorioso nell’azione di riduzione? Per quanto riguarda la posizione fiscale e successoria del legittimario leso (o addirittura pretermesso), si potrebbero aprire vari scenari, a seconda dell’atto in relazione al quale avviene il riconoscimento del suo diritto (giudiziale o stragiudiziale). Sulla base del presupposto che il legittimario leso abbia attuato vittoriosamente l’azione di riduzione, dovrà essere presentata una nuova dichiarazione di successione sostitutiva, in base alla quale verranno liquidate le imposte concretamente dovute. Sarà poi onere di colui che eventualmente avesse già corrisposto imposte su beni poi restituiti chiederne il rimborso. Al momento dell’apertura delle successioni, quali regole fiscali seguono le donazioni fatte in vita? Queste vanno indicate nella dichiarazione di successione ma non scontano la relativa imposta; esse scontano invece l’imposta di donazione al momento dell’atto. Qualora in vita il de cuius (chi dona) avesse donato beni che rientravano nella franchigia del beneficiario, quest’ultimo non avrebbe pagato le imposte. Al momento della morte del donante, però, l’erede che ha ricevuto la donazione deve indicarla in dichiarazione di successione perché questa abbatte la franchigia in successione per l’importo pari all’esenzione goduta in vita. Questo è il cosiddetto meccanismo del “coacervo” delle donazioni sulle successioni. In realtà, va precisato che la Corte di Cassazione, con una recente sentenza (n. 24940/2016), ha sottolineato che questo meccanismo sarebbe stato tacitamente abrogato in seguito all’ultima riforma dell’imposta di successione. Quindi, in base a tale assunto, le donazioni fatte in vita non andrebbero a intaccare la franchigia al momento della successione.
Il popolo dei private
BUSINESS : Il settore a raggi X
Quanti sono i pb in Italia e quanto hanno raccolto nel 2017? Prova a rispondere a questa domanda il consueto rapporto annuale firmato da Magstat e giunto alla quindicesima edizione
I private banker in Italia sono 16.767, esclusi i 608 family officer. Se, spiega il rapporto Magstat, si suddividono i 122 operatori finanziari specializzati monitorati in questa indagine sulla base del tipo di inquadramento riservato ai propri private banker, si possono individuare:
29 operatori che dispongono sia di private banker remunerati a provvigione sia di private banker a dipendenza. Il più grande è Fideuram Ispb; 8 operatori che utilizzano solo private banker remunerati a provvigione. Finecobank è quello di maggior dimensioni in termini di masse; 85 operatori che si affidano esclusivamente a private banker a dipendenza. I private banker remunerati esclusivamente a provvigione che lavorano nell’industria italiana del private banking sono in continua e inesorabile crescita: al 31 dicembre 2017 il numero totale era di 10.941 con masse gestite stimabili che superano i 217 miliardi (erano 185 miliardi lo scorso anno), pari al 24% del mercato complessivo servito e al 26% del mercato private servito escludendo i family office.
La raccolta L’analisi della raccolta netta del 2017 – limitata alle strutture che hanno fornito il dato relativo esclusivamente alla clientela private – evidenzia invece che gli operatori finanziari con all’interno una rete di consulenti finanziari (private banker remunerati a provvigione) sono quelli più dinamici: Fideuram-Intesa Sanpaolo Private Banking ha raccolto 9,6 miliardi di euro, dei quali 2,9 miliardi raccolti dalle Reti Fideuram e Sanpaolo Invest; Banca Generali PB (5,9 miliardi), Mediolanum PB (1,5 miliardi), Credem (1,4 miliardi), Credit Suisse Italy (1,2 miliardi di euro). Se si analizzano i risultati in base alle dimensioni degli operatori finanziari monitorati si può notare come siano dodici i big player (operatori con patrimoni superiori ai 20 miliardi di euro) che detengono il 56,3% del mercato (513,6 miliardi di euro). Il 19,9% del mercato è nelle mani delle strutture (13 unità) con patrimoni tra i 10 e i 20 miliardi di euro e asset complessivi pari a circa 181,5 miliardi di euro. Il 7,6% del mercato, pari a 69,5 miliardi circa, è invece controllato dai 11 operatori con patrimoni tra i 5 e i 10 miliardi di euro. Le strutture con asset da 1 miliardo ai 5 miliardi sono 41 e hanno patrimoni complessivi di 107 miliardi di euro, pari a una quota del 11,7%. I 105 operatori finanziari più piccoli, ovvero quelli con patrimoni fino ad 1 miliardo di euro, detengono invece asset finanziari totali di poco superiori ai 40,8 miliardi, pari al 4,5%.
L’industria che trascura i millennial
BUSINESS : Il capitano d’industria
Benedetta Arese Lucini, ex Uber e ora Oval Money, segnala la mancanza di offerta finanziaria per i clienti tra i 25 e i 40 anni
“L’industria della consulenza finanziaria e del private banking si sta spostando su una clientela sempre più alta, trascurando in maniera crescente l’enorme pubblico al di sotto di quelle soglie, costituito in gran parte da giovani adulti già attivi nel mondo del lavoro ma che ancora non hanno accumulato una ricchezza tale da essere appetibili per il risparmio gestito”. La 33enne Benedetta Arese Lucini (in foto), ex responsabile di Uber Italia e ora a.d. di Oval Money, ha vissuto il fenomeno direttamente su sé stessa quando, nonostante un ruolo che le offrisse una buona esposizione mediatica, non è mai stata avvicinata dal mondo di private banker e wealth manager. Nemmeno come prospect. E sì, che lei dalla finanza non era lontana, dopo una laurea all’Università Bocconi (con specializzazione in Matematica finanziaria) e le prime esperienze professionali, a Londra, in banche di investimento come Morgan Stanley. “Io stessa, che ho studiato queste materie, avevo trascurato il tema della gestione delle mie risorse personali, non avendo previsto per me nessun tipo di investimento o di strumento difensivo. Le stesse banche su cui mi appoggiavo non mi hanno mai contattata in questo senso, anche perchè ho sempre rappresentato un tipo di cliente complesso, cambiando spesso Paese e non avendo un percorso di carriera tradizionale.
“L’industria del risparmio gestito, mediamente, comincia a considerarti un cliente interessante intorno ai 40 anni, quando hai cominciato a raggiungere un livello di reddito considerato adeguato. Se però, come nel caso di un universitario, hai cominciato a lavorare a 25 anni, l’industria lascia scoperti circa 15 anni in cui sei economicamente attivo e, sebbene magari non guadagni molto, cominci ad avere delle risorse proprie. C’è pertanto un tema di opportunità imprenditoriale, oltre che di ricaduta sociale nel fornire un servizio che accresca anche l’educazione finanziaria dei cittadini. “Con questa idea, maturata insieme ai miei soci Claudio Bedino ed Edoardo Benedetto, nel 2016 abbiamo deciso di creare un’applicazione per telefoni cellulari, Oval Money (oggi 30 dipendenti, ndr), che permettesse soprattutto agli young adult di mettere da parte 100-120 euro al mese (non fisse) per accedere a forme di risparmio e di investimento finanziario altrimenti impossibili”. “Il servizio copre al momento il mercato italiano e quello britannico, ma la società è basata a Londra, anche perchè qui è più facile creare un’azienda. Il regolatore concede licenze molto specialistiche solo per il tipo di attività finanziaria che si intende svolgere – con vantaggio economico per chi non ha le risorse di una grande banca – e in 72 ore siamo riusciti a ottenere un milione di euro di finanziamenti sulla piattaforma di crowdfunding CrowdTube.
“Da allora abbiamo offerto gratuitamente dei conti salvadanaio che monitorassero la spesa dell’utente, ma in queste settimane stiamo partendo con un campione di clienti con gli investimenti veri e propri, con l’asset manager britannico Cirdan Capital. “Proprio perchè per lavoro vivo nel rischioso settore delle start-up, per i miei investimenti personali non voglio brutte sorprese e mi sono sempre rivolta in passato verso prodotti di investimento molto tranquilli, con una buona diversificazione e con una certa componente azionaria, ma con un profilo decisamente moderato. “La mia generazione non vuole certamente perdere denaro nei propri investimenti ma, rispetto al passato, non considera davvero centrale se un fondo guadagni il 2 o il 3%, a quanto vedo io. Sono ormai determinanti invece le ricadute sociali che un investimento può avere. “Per questo stiamo cominciando a offrire a un campione di utenti monitorato sette fondi passivi indicizzati Etn, ognuno concentrato su un tema: presenza femminile nei board (almeno il 20%), attenzione al tema Lgbt, made in Italy, globetrotting (aziende legate ai viaggi), creatività, green/acqua e connected future (imprese digitali)”.
Conosci i tuoi clienti?
BUSINESS : AIPB
Per gli operatori private, comprendere le peculiarità della clientela rappresenta un valido aiuto per il disegno di processi strategici volti alla messa a punto di un’offerta focalizzata
Le evidenze dell’ultimo Osservatorio sulla clientela private in Italia, condotto dall’Associazione Italiana Private Banking in collaborazione con Gfk, confermano che il tasso della soddisfazione della clientela è alto e stabile nel tempo, raggiungendo nel 2017 un valore complessivo del 77%. Poiché, tuttavia, risulta difficile salire oltre certi livelli di soddisfazione, è indispensabile puntare alla proposta di un’offerta che sia sempre più sofisticata. È chiaro, però, che la messa a punto di un’offerta che risponda a queste caratteristiche passa da una necessaria conoscenza profonda della clientela target. Guardando i risultati dell’Osservatorio nel dettaglio, ci siamo accorti che fare riferimento ai soli dati aggregati, ovvero al totale campione dei clienti intervistati, risultava poco funzionale a questo scopo. Da qui l’idea di provare a individuare all’interno del totale campione alcune personas, o “personaggi” creati grazie a una combinazione di dati e ipotesi, lavorando sulle caratteristiche attitudinali espresse dai clienti nel corso dell’intervista.
Il metodo di lavoro attuato nell’Osservatorio, dal titolo Segmentazione della clientela e consulenza finanziaria, è stato quello di caratterizzare le personas enfatizzando le particolarità e i comportamenti dei clienti che maggiormente si allontanano dalla media di mercato, prendendo in considerazione alcuni driver: l’approccio alla ricchezza, ovvero l’atteggiamento che i clienti manifestano nel rapporto con il denaro; la relazione con la loro banca principale; l’interesse alla gamma d’offerta, in particolare ai servizi di wealth management; le reazioni ad alcune novità introdotte da MiFID 2, soprattutto la trasparenza dei costi; la soddisfazione del servizio. L’analisi, basata sui differenti approcci della clientela nella relazione complessiva con il servizio di consulenza finanziaria, ha restituito quattro tipologie di clienti, che mettono in evidenza attitudini e attese nettamente distinte. Troviamo, quindi, il tipo di cliente che si approccia ai servizi nel modo più consueto ed è conservatore nella relazione professionale, il Tradizionalista; il cliente che sa di avere bisogno del servizio private, ma che non ha ancora trovato formule che gli siano congeniali, il Distaccato; il tipo di cliente che, pur essendo soddisfatto, si dimostra disinteressato alle tematiche finanziarie per come gli sono state finora proposte, il Distratto; e, infine, il cliente “perfetto”, ovvero l’Ingaggiato, che è fidelizzato, interessato e parla volentieri ad altri della propria banca. L’obiettivo del nostro studio, dunque, è promuovere alcune considerazioni che partono dal presupposto che ogni cliente presenta le proprie peculiarità. Tenendo presenti tali peculiarità, è possibile per gli addetti ai lavori organizzare e impostare strategicamente la propria offerta, adattandola alle reali esigenze della domanda, e costruire direttive di azione focalizzate.
leisure : Affari di lusso
L’automobile più bella del mondo diventa elettrica PAi suoi tempi, quando nel 1961 aveva fatto il suo debutto sulle strade d’Europa, fu battezzata come l’“automobile più bella del mondo” nientemeno che da Enzo Ferrari. È di qualche giorno fa la notizia che Jaguar ha annunciato l’inizio della produzione della E-type interamente elettrica. La macchina di Diabolik sarà infatti proposta in versioni restaurate di E-type, riconvertite per l’alimentazione elettrica. Agli attuali proprietari di E-type, Jaguar Classic offrirà un servizio di conversione per trasformare la propria vettura in un veicolo elettrico. Inoltre, per preservare l’autenticità della vettura, la conversione ad EV sarà completamente reversibile. La concept Jaguar E-type Zero è del tutto simile, nell’aspetto e nella guida, a una E-type tradizionale. In aggiunta, è in grado di offrire eccellenti prestazioni grazie a un’accelerazione più immediata rispetto all’originale Series 1. Per l’E-type elettrica, Jaguar Classic punta su un’autonomia di oltre 270 km, a cui contribuiscono il peso ridotto e le filanti linee aerodinamiche, mentre la concept è alimentata da una batteria da 40 kWh, che può essere ricaricata in sei o sette ore a seconda della fonte di alimentazione. Smartphone di lusso made in China Sbarca anche in Italia Find X, l’ultimo smartphone di lusso prodotto dal gruppo cinese Oppo. Nel corso di un evento tenutosi a Milano, Oppo ha annunciato l’arrivo sul mercato del Belpaese del suo ultimo modello e il prezzo che occorrerà pagare per averlo: 999 euro. Un telefono che vuole fare concorrenza agli altri cellulari di fascia premium sul mercato, quali iPhone X, Samsung Note 9 e Huawei P20 Pro, ma offre soluzioni tecnologiche e di design che pochi altri smartphone possono vantare. Il display dispone di superfici incurvate sui lati come quelle dei dispositivi Samsung Galaxy ma soprattutto occupa completamente la parte frontale del dispositivo. Una sottilissima cornice inferiore nasconde sotto di sè i circuiti operativi del pannello, mentre la fotocamera anteriore, l’altoparlante e i sensori di prossimità e luminosità, come la fotocamera posteriore, sono posizionati all’interno di un meccanismo a scomparsa motorizzato.. Mr Porter punta su Vacheron Constantin L’e-tailer del lusso Ynap si rafforza nel segmento dell’hard luxury e lancia, sul suo sito di vendite online per uomo Mr Porter, il brand di alta orologeria Vacheron Constantin. Sulla piattaforma di e-commerce sarà in vendita una selezione di 18 pezzi tra quelli più iconici e rappresentativi della storica manifattura, inclusa la nuova collezione “Fiftysix”. Questa mossa segna un altro deciso passo in avanti nel mondo degli orologi da parte di Mr Porter, che nel mese di giugno ha rivelato sul suo sito una guida online dedicata a questo segmento di nicchia, The Luxury Watch Guide, ricca di approfondimenti e consigli di stile, oltre a suggerimenti su come meglio selezionare e curare il proprio orologio di lusso.
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